Per la prima volta in 42 anni la macchina del caffè è ferma e la voglia di riaprire è tanta.
Finora non ci eravamo mai fermati, facevamo le vacanze a turno, perché non ci potevamo permettere di stare fermi neanche dieci giorni – racconta. Ora siamo chiusi da due mesi: un disastro. Mi aspettavo di aprire a inizio maggio, lo slittamento a giugno è stato un altro colpo.
I miei collaboratori e soci, mio figlio e mio fratello Paolo non hanno ancora ricevuto il bonus 600 Euro. I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, hanno usufruito delle ferie per il mese di marzo ma sono ancora da pagare, perché non ci sono i soldi. Ma le spese continuano ad essere tante: affitto, luce, perché frigoriferi sono accesi. Siamo davvero allo stremo.
Vogliamo ripartire al più presto: siamo pronti a riaprire con grande attenzione ai flussi in ingresso e uscita dei clienti, mantenendo la distanza di 1 metro e mezzo o due tra gli stessi. Va da sé, occorrerà avere formato il personale, sia dal punto di vista igienico/sanitario che dal punto di vista di approccio psicologico alla clientela. E dovremo lavorare con mascherine, guanti e gel igienizzanti per le mani che dovranno essere disposti all’ingresso del locale.
I clienti sapranno abituarsi a queste nuove regole, come stanno facendo per gli acquisti dei beni di prima necessità da due mesi. Si fa la coda al supermercato, si può fare la coda anche per il caffè al bar.
E’ inammissibile che sia consentito solo all’industria e alla grande distribuzione di lavorare e non alle piccole attività. Siamo pronti anche noi a seguire i protocolli igienico sanitari, a rispettare le regole del distanziamento sociale, a sanificare l’ambiente anche più volte al giorno, ridurre i coperti a fare tutto quanto necessario per tutelare la nostra salute, dei nostri dipendenti e dei clienti, ma ora, per favore, dateci la possibilità di lavorare.
Bruno Scavino