Stefania Burlando, torinese di nascita e braidese d’adozione, è la titolare del Cinema Impero di Bra. Una lunga chiacchierata con lei ci permette di conoscere la storia della sala, poi divenuta multisala e di provare a capire quel che sarà il post Covid-19 per i gestori delle sale cinematografiche.
Partiamo dall’inizio, dal 1938, quando a Bra è stato aperto il Cinema Impero.
«Esattamente il 28 ottobre di quasi 82 anni fa. Venne chiamato così per l’anniversario della marcia su Roma, perché si era in pieno periodo fascista. Ci fu una pubblicazione su una rivista chiamata “La sentinella d’Italia”, interamente dedicata al nostro cinema. Si scriveva: “Varcati gli ampi e signorili ingressi e sala d’attesa, ci si accomoda sulle poltroncine in legno in ogni ordine di posti che sono esattamente 549, con un’ampia galleria a scalea dove ogni spettatore non ha disturbo alcuno da chi gli sta innanzi. La sala dà un senso di grandiosità insolita abituati come si è sempre stati a pensare, parlando di cinema, a lunghi budelli uso sotterranei. La tela di proiezione fissata sul fondo del palcoscenico è di dimensioni ridotte (metri 5 per 8) ma permetterà ogni genere di spettacolo di varietà: presso il boccascena vi è anche la fossa per l’orchestra”. Inizialmente l’ingresso era su via Gianolio, ma l’anno successivo l’apertura fu spostata, definitivamente, in via Vittorio Emanuele II. Nel 1941 fu acquistato da mio nonno, Pietro Burlando e dal suo amico Pilade Zoofito. Furono cresciuti dalla stessa balia e sfollarono a Bra, da Genova, per la Seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra il cinema venne ribattezzato Libertà, ma nel 1952 si ritornò al nome originale. Mio nonno portò avanti l’attività fino al 1966, anno in cui ci lasciò. Mio padre, che aveva una piccola casa di noleggio cinematografico a
Torino, decise di trasferirsi a Bra con la famiglia, per occuparsi dell’Impero. Fece l’esercente cinematografico per 47 anni e dunque fino al 2014, anno della sua morte. Il cinema negli anni ’70, fu dotato di un ingegnoso sistema di aspirazione del fumo di sigaretta mentre nel 1999 i locali vengono nuovamente ristrutturati e trasformati in multisala a 3 schermi, com’è tuttora. Dal 2009 è iniziato il grosso passaggio al digitale (concluso nel 2013) e le cabine di proiezione sono sate dotate di proiettori e server digitali e sistema per proiezioni 3d Real-d. Negli anni,il cinema si è sempre dovuto adeguare ai tempi, sempre con capitali nostri. Prima dell’ultimo natale, abbiamo sostituito lo schermo della sala mignon. La scorsa estate, invece, c’è stato il “restyling” all’impianto di condizionamento».
A differenza di nonno e padre, lei proviene da un altro settore lavorativo: è traduttrice, giusto?
«Sì, però ho respirato cinema fin da quando ero bambina. Le traduzioni ci sono ancora, ma oggi come oggi programmare un multisala a tre schermi, è un lavoro estremamente complicato e pesante. Mia figlia Emanuela, due anni fa, si è occupata del “restyling” del sito Internet. Sono supportata da due persone meravigliose, la cassiera e l’operatore, ma al cinema io sono sempre presente. Mio marito Giuseppe fa un altro lavoro, ma nei fine settimana viene a darmi una mano. Mia mamma è ancora parte attiva, mi aiuta tantissimo. Quasi tutte le sere sono all’Impero, sabati e domeniche, durante tutte le festività: è un lavoro che porto avanti con tanta passione. Faccio fatica a guardare un film in televisione: è tutta un’altra cosa goderselo seduta in una sala cinematografica. C’è un’empatia unica al cinema, perché il grande schermo è in grado di tirare tira fuori le emozioni».
Quali sono i film che le hanno dato più soddisfazione?
«”Grease”, per me mitico sotto tutti i punti di vista. Mi ricordo la coda fino in via Cavour e il grande entusiasmo. Con immensa tenerezza cito i film di Sergio Leone, mi è sempre piaciuto il genere. “Per qualche dollaro in più” e “Per un pugno di dollari”, nella mia testa scatenano dei ricordi bellissimi. Venendo ad anni più recenti, non posso non citare “Harry Potter e la pietra filosofale”. Durante una delle primissime proiezioni, un sabato sera, sentimmo un boato provenire dalla sala grande. Era l’esplosione di gioia dei ragazzi!».