Il primo turista che visiterà le Langhe al termine dell’emergenza sanitaria ha un nome illustre: Aldo Cazzullo. Il noto scrittore e giornalista, pur essendo originario di Alba, vive da tempo a Roma e oggi, dopo mesi di lontananza forzata dalla sua famiglia, non desidera altro che trascorrere «un’estate tra i luoghi del cuore, nelle Langhe».
Aldo Cazzullo, le manca molto la sua terra d’origine. Vero?
«Sì. Torno appena possibile dalla mia famiglia ad Alba e ora, per via della quarantena prolungata, ne sento la mancanza. Mi piacerebbe molto trascorrere le vacanze estive nelle Langhe».
Quali luoghi langaroli vorrebbe visitare dopo aver abbracciato i suoi cari in Piemonte?
«Voglio andare ad Albaretto della Torre a mangiare dall’amico Filippo Giaccone, da Gemma a Roddino, da Bovio a La Morra. E, poi, lasciarmi abbracciare da tutte le Langhe che, in primavera e in estate, sono bellissime».
E dire che quest’estate si sarebbe dovuto recare in Giappone per le Olimpiadi. È stato giusto rinviarle al prossimo anno?
«Una decisione necessaria perché, considerato l’afflusso di centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo, l’evento avrebbe rischiato di trasformarsi in un gigantesco e pericoloso focolaio di coronavirus Covid-19. Non vedevo l’ora di vivere una nuova appassionante edizione estiva delle Olimpiadi, dopo quelle di Atene, Pechino e Londra. Pazienza, sarà per il prossimo anno».
Il campionato di calcio italiano potrà essere portato alla conclusione?
«Spero si trovi un modo per farlo concludere in sicurezza, insieme magari alla Champions League. Sarà surreale giocare senza pubblico, ma poter riassistere alle nostre amate partite sarebbe un sollievo. Se non si riuscirà a riprendere in tempi brevi, comunque, non sarà un dramma».
Senza le partite, come ha occupato il tempo libero?
«Sono rimasto a Roma con i miei figli guardando film e serie tv e leggendo libri. Mi sono soffermato sul capitolo de “I promessi sposi” dedicato alla peste e sulla “Divina Commedia”: quest’ultima opera, di una bellezza straordinaria, ha ispirato il nuovo libro che sto scrivendo “A riveder le stelle. Dante: il poeta che inventò l’Italia”, un viaggio nell’identità italiana che non nasce da politica e guerra, bensì da elementi come cultura, arte e bellezza».
Caratteristiche che siamo tornati ad apprezzare a pieno durante la pandemia di Covid, non crede?
«Sì, in queste settimane abbiamo assistito a “slanci” straordinari. Penso a quelli di medici, infermieri, volontari, farmacisti, cassiere, insegnanti chiamati a inventarsi ogni giorno qualcosa di nuovo per catturare “a distanza” l’attenzione dei loro allievi. Ognuno ha compreso di essere in parte responsabile della propria salvezza, di quella dei propri cari e delle altre persone».
Dunque, dà un giudizio positivo agli italiani.
«A parte qualche “chiassoso esibizionista” è emerso l’orgoglio nazionale. Gli italiani si sono comportati bene e, tranne alcune rare eccezioni, hanno fatto il loro dovere».
Non crede sia eccessivo paragonare questo periodo, per quanto difficile, alla Resistenza?
«75 anni fa nelle Langhe si fucilavano partigiani lungo i muri dei cimiteri, si uccidevano ragazzini. Insomma, i nostri nonni hanno passato momenti decisamente peggiori».
La classe dirigente come si è comportata invece?
«È stata un fallimento: non si è dimostrata pronta, non ha definito regole chiare e non ha pensato a reperire mascherine. Ora servirebbero test sierologici e tamponi sistematici e misure economiche forti per fare ripartire le aziende, aiutare chi ha perso il lavoro e i giovani e sviluppare le infrastrutture. Il premier Conte sembra lì per caso, servirebbe Mario Draghi: con lui potremmo fare capire alla Germania che curare l’Italia, con contributi a fondo perduto, è nell’interesse di tutti».
Aveva quindi ragione Bill Gates, che peraltro lei ha intervistato, quando disse che avremmo sofferto per una pandemia…
«Se si fosse investito anche solo un decimo di quanto speso per produrre l’ultimo iPhone e per dotarsi dell’ultimo missile, oggi non saremmo a questo punto».