Pietro, 14 anni, è felice di rinunciare alla playstation o al calcetto con gli amici. Nel tempo libero si dedica alla nonna, legge libri e ascolta musica con lei, le insegna tutto quello che impara a scuola. Lo fa da anni e infatti nonna Marisa sta bene e i medici ammettono d’essere stupiti: la sua malattia causa un declino cognitivo graduale, ma la premura del nipote riesce ad arginarla. Se mantiene una buona vivacità intellettuale, è grazie a un ponte d’amore che unisce generazioni lontane e spiega il senso profondo della famiglia.
Cosmas, 19 anni, ha radici tedesche, ma vive in Italia ormai da anni. Nella storia della sua famiglia si allunga l’ombra di un gerarca nazista, papà e mamma non gli hanno nascosto errori ed orrori e gli hanno dato l’esempio opposto: l’impegno per impedire che il male possa ripetersi custodendo e tramandando la memoria. Lui non ha esitato, al liceo, a combattere (denunciandoli, esponendosi, rischiando ritorsioni) alcuni studenti militanti in organizzazioni di estrema destra, spegnendo un focolaio di discriminazione e odio razziale.
Mavì ha solo nove anni e ha tagliato i capelli per la prima volta da pochissimo. Mai lo aveva fatto, li voleva lunghi e belli, ma ha cambiato idea dopo aver seguito in tv la serie “Braccialetti rossi”. Rossa era anche la sua coda, ne andava orgogliosissima, però l’ha affidata alle forbici per «vedere sorridere chi soffre». Un dono prezioso destinato alla banca dei capelli, un gesto sincero e toccante: «Mi ha chiesto perché alcuni protagonisti, a volte, fossero calvi», il racconto della mamma. «Il resto è venuto da sé».
Loris, 14 anni, ha un’amica non vedente. E pensando a lei, alle sue difficoltà quotidiane, ha ideato una cintura che l’aiuta nei movimenti, indicando con suoni diversi, attraverso alcuni sensori, la posizione degli oggetti attorno. Cuore e ingegno, lo stesso mix di Diego, un anno più grande, che ha inventato la ricetta di un gelato che anche i malati di morbo di Crhon possono mangiare, e di Sebastiano, sedicenne, che ha modificato e migliorato il dispositivo medico per consentire il trasporto del fratello disabile.
E ancora Lorenzo, Manuela, Great, Maria Lucrezia, Alice, l’altro Pietro, Maria Gabriella, Tommaso, Francesca, Carlo, Elena, Mirco, Maria, Nicola, Matteo, Yuliya, Virginia, David, Sofia: sono i venticinque giovani “Alfieri della creatività e della bontà” premiati (anche se solo virtualmente, per adesso, alla luce delle misure restrittive) dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, testimoni di solidarietà e sensibilità, modelli di generosità, coraggio e altruismo, di responsabilità sociale e di attenzione al bene comune. Il futuro da accarezzare, da tenerci stretto sempre, ma ancora di più in questi giorni di incertezze e di dubbi, di paure latenti e di vene pessimistiche. I giovani di oggi… quante volte li accusiamo? Invece dobbiamo esserne orgogliosi, perché Mavì e gli altri sono solo esempi. Non li conoscevamo, prima del premio, però nelle loro piccole realtà erano attivissimi: vuol dire che il bene c’è e non ha bisogno di pubblicità.