È stato un primo maggio di forti discussioni in provincia di Cuneo, dove hanno fatto molto scalpore le parole dell’onorevole del Partito democratico Chiara Gribaudo, a cui è dedicato il box in basso. La parlamentare cuneese ha proposto di assumere 10 mila ispettori del lavoro per «poter garantire una presenza che contribuisca anche e soprattutto alla prevenzione» in seguito all’avvio della fase di ripresa. Un messaggio che ai tanti imprenditori che avevano prestato la massima attenzione per la salute dei loro collaboratori non è andato proprio giù.
È proprio per questo motivo che il mondo dell’imprenditoria cuneese ha preso una posizione netta nei confronti dell’idea di Gribaudo. In particolare, sono intervenuti, con una nota congiunta, i presidenti di Confindustria Cuneo, Mauro Gola, di Confartigianato Cuneo, Luca Crosetto, di Confcommercio Cuneo, Luca Chiapella, di Confcooperative Cuneo, Alessandro Durando, e di Confagricoltura Cuneo, Enrico Allasia.
«Venuti a conoscenza della proposta dell’onorevole Gribaudo», scrivono nella nota indirizzata al nostro giornale, «noi forze produttive ci sentiamo tanto come gli ultimi della classe, gli scolari birbanti, quelli dell’ultimo banco che, appena ti giri, fanno volare gli aeroplanini e tirano le palline di carta al vicino di banco. Cosa dobbiamo fare per difendere la nostra dignità e non sentirci chiamare colpevoli ancora prima di iniziare a lavorare?». I cinque presidenti precisano che, per la ripartenza, ogni azienda piccola o grande, ha riorganizzato interi stabilimenti, laboratori e negozi, linee produttive, ingressi, turni, postazioni per la misurazione della temperatura, locali spogliatoi e mense con distanziamento sociale. «È stata una bella impresa», scrivono, aggiungendo: «Stiamo anche comprando migliaia di test sierologici e tamponi, tutto ovviamente a carico nostro, non dello Stato». Come hanno fatto i sindacati aziendali, che hanno discusso e condiviso le modalità di applicazione dei protocolli, «ciascuna azienda», precisano i firmatari della nota, «si è dotata di un apposito comitato e, pertanto, sappiamo benissimo, meglio di chiunque altro, che senza queste premesse si dovrebbe di nuovo chiudere».
«Avete scritto più di mille pagine solo per dire come dovevamo stare chiusi», affermano Gola, Crosetto, Chiapella, Durando e Allasia, facendo riferimento al Governo: «E poi altre centinaia per dire come dovevamo riaprire. E ogni nuova norma porta con sé un esercito di consulenti, avvocati, commercialisti, ingegneri, per essere sicuri di adempiere correttamente, a carico nostro, si intende. Sa quante ore e giorni impiegati per trovare le mascherine adatte? E gli sforzi delle aziende riconvertite per produrle e poi fermate dalla burocrazia della pubblica amministrazione? Spesso, peraltro, i dispositivi di protezione si pagano anticipatamente rispetto alla consegna e per farlo bisogna chiaramente avere i soldi. Un “termoscanner” evoluto costa alcune decine di migliaia di euro. Sono tutti aspetti che, probabilmente, l’onorevole Gribaudo conosce, ma noi imprenditori la preoccupiamo, forse perché ci vede pronti a scansare il dovere, a cercare la scorciatoia, a cercare il risparmio, come fossimo eterni mercanti di Venezia». Poi, la stoccata finale: «Attendiamo anche i nuovi ispettori che l’onorevole Gribaudo auspica; siamo abituati a controlli di ogni genere, uno in più o in meno cambia poco. Ci troveranno demoralizzati e stanchi. Di pensare a un Paese diverso che non arriva mai. Di essere considerati delinquenti, ancor prima di aprire il cancello, solo perché nessuno ci accredita uno stipendio al 27 del mese. Ma, da eterni idealisti, ci troveranno comunque innamorati del nostro Paese e pronti a spendere le nostre energie migliori per fare la nostra parte, accanto ai nostri lavoratori».