La pandemia di coronavirus ha determinato conseguenze inimmaginabili, che hanno cambiato la vita di ciascuno. Non sempre in negativo. Del resto, ogni crisi ha il suo “bicchiere mezzo pieno”, ovvero un insieme di opportunità che, in fase di ripartenza, si presentano a chi sa coglierle. Tra le aziende della Granda maggiormente pronte ad affrontare le nuove sfide c’è Tcn Group di Alba che, pur dovendo fermare la produzione, ha continuato a ideare e progettare in campo meccano-tessile e della meccanica di precisione, lanciando iniziative dalla grande valenza sociale. Ne abbiamo parlato con il presidente del Gruppo, Giuseppe Bernocco.
Presidente, il peggio è passato?
«Me lo auguro. Noi abbiamo riaperto lunedì 4 maggio, assicurandoci che tutte le misure di sicurezza fossero rispettate. Nelle settimane precedenti, avevamo redatto, in accordo con Rls, sindacati, Rspp e medico competente, un piano di prevenzione e controllo per la gestione delle misure anti contagio, e costituito un comitato per la verifica e l’attuazione di tale procedura in tutte le aree del polo industriale».
In che modo garantite la sicurezza dei vostri lavoratori?
«Abbiamo installato all’ingresso degli stabilimenti produttivi un sistema di rilevazione automatica della temperatura corporea, tramite telecamere termometriche senza contatto. Abbiamo inoltre prodotto e distribuito una brochure informativa e avviato diverse giornate di formazione per i preposti e tutti i dipendenti. E una nuova cartellonistica aziendale, installata in diverse aree del polo industriale, raccomanda le norme da seguire. Abbiamo insomma provveduto ad attivare tutte le procedure previste dalla normativa vigente».
In termini produttivi, come sono andate le cose?
«Il personale attivo sul fronte tecnico e amministrativo ha continuato a lavorare da casa, in “smart working”. La parte produttiva, invece, è stata fermata».
Quali sono state le conseguenze?
«La produzione ne ha inevitabilmente risentito. Questo è anche dovuto al fatto che molti dei nostri clienti sono stati costretti a interrompere l’attività e, pertanto, hanno chiesto di “congelare” gli ordini in sospeso. In ogni caso, siamo fortunatamente una realtà solida e, di conseguenza, possiamo guardare al futuro senza particolari preoccupazioni. Tuttavia, è indispensabile che la situazione generale torni presto alla normalità».
Come vi siete preparati alla ripartenza?
«Abbiamo puntato su ricerca e sviluppo, cercando di migliorare l’organizzazione interna e implementare l’efficienza complessiva. In questo contesto, abbiamo ideato una macchina per la produzione di mascherine chirurgiche».
Com’è nata l’idea?
«Nelle prime fasi dell’emergenza, quando le mascherine erano introvabili, ci siamo detti: perché non utilizzare le competenze che abbiamo per fabbricare “in casa” un macchinario capace di produrre mascherine da distribuire ai nostri dipendenti? E così è stato, con la differenza che abbiamo deciso di mettere la macchina progettata dai nostri esperti anche a disposizione di altre realtà».
A livello tecnico come funziona il macchinario?
«È un potenziamento dei macchinari che già fabbrichiamo per la produzione di materiale destinato ai settori farmaceutico e medicale. Ciascuna macchina sarà capace di produrre tra le 5 e le 6 mila mascherine all’ora. Ogni mascherina, a più strati, sarà dotata di ferretto e laccetti per migliorarne l’aderenza al volto e potrà essere confezionata singolarmente oppure inscatolata in lotti. Le prime macchine saranno pronte nel giro di qualche settimana».
A cosa altro state lavorando?
«Sono in via di sviluppo alcune progettazioni già avviate, tra cui quelle per la realizzazione di nuove linee di imballo e macchine ispezionatrici di tessuto.
Abbiamo poi avviato l’implementazione di nuovi sensori di controllo, sviluppati al nostro interno, al fine di perfezionare le nostre linee e offrire ai nostri clienti le migliori soluzioni».