Partì dal settore giovanile del Derthona, squadra alessandrina che quest’anno ha conteso il primato nel girone B di Eccellenza al Saluzzo Calcio, e oggi è uno dei prospetti più interessanti del calcio italiano, titolare nell’undici del Genoa.
Paolo Ghiglione, difensore classe 1997, è stato l’ospite speciale degli IDEA Awards 2019, la rassegna lanciata nel 2015 da Ideawebtv.IT e Rivista IDEA per premiare i migliori sportivi della provincia di Cuneo, e si è divertito nella puntata finale, annunciando il miglior calciatore dello scorso anno solare, ovvero Gioele Fenoglio, attaccante dell’Azzurra.
Abbiamo colto l’occasione per scambiare qualche parola con lui, su Genoa, nazionale e coronavirus.
Paolo, quando è stato difficile dover vivere in casa senza pallone per uno sportivo come lei, nelle ultime settimane?
«Dover interrompere tutto quando la stagione stava entrando nel vivo non è stato semplice, anche perché abbiamo convissuto e conviviamo con l’incertezza, dovuta al fatto che non è chiaro se e come si potrà ripartire nei prossimi mesi».
Ha avuto modo di tenersi in allenamento?
«Assolutamente sì, anche grazie alle schede di lavoro che mister Davide Nicola e il suo staff ci hanno fornito quasi quotidianamente. Nei primi quindici giorni di quarantena io e molti miei compagni siamo rimasti a Genova, in attesa di capire quali potevano essere le prospettive. Quando è stato tutto più chiaro, sono ritornato a casa con i miei genitori a Castelnuovo Scrivia, dove ho potuto mantenermi in forma correndo in giardino».
Che cosa si immagina per il futuro del calcio e la sua convivenza con il virus?
«Davvero, è difficile dirlo. Noi calciatori dobbiamo partire dal presupposto che siamo in mano a figure preparate e affidarci a loro, facendoci trovare pronti alla ripresa in qualsiasi momento. Saranno gli organi competenti a dirci se e come si potrà tornare in campo. Di certo, giocare in estate non sarà facile, ma la voglia di riprendere è tanta».
Se si riprenderà, per lei e per il Genoa ci sarà da lottare per ottenere sul campo la salvezza. Che stagione è stata fin qui?
«È stato un 2019-20 non semplicissimo, segnato dal doppio cambio di allenatore. Quando un tecnico viene esonerato, la colpa è sempre di tutti e la delusione è tanta. Nel nostro caso, quindi, è stata pure doppia. Per fortuna con l’arrivo di mister Nicola (subentrato a Thiago Motta il 28 dicembre scorso, ndr), abbiamo cambiato passo e ingranato la marcia giusta, prima dello stop».
Tornando a lei, invece, c’è un sogno a tinte azzurre nel suo cassetto?
«Penso che chiunque giochi a calcio a certi livelli sogni di poter difendere i colori della propria nazionale. Spero anche io un giorno di poter vestire la maglia dell’Italia, ma per farlo dovrò lavorare sodo: ho 23 anni e tanto tempo per crescere, ma non devo fermarmi».
In cosa crede di dover migliorare?
«Penso nella fase difensiva. Sono un difensore laterale che ama spingersi in avanti per portare qualche gol alla mia squadra, ma devo continuare a lavorare per evitare che gli avversari li possano fare a noi, soprattutto (ride, ndr)».
Lei ha già avuto modo di vestire la maglia della nazionale italiana nelle squadre giovanili. Quanto è stato importante poter crescere al fianco dei migliori della sua generazione?
«Confrontarsi con i migliori aiuta tantissimo a crescere. Io ho avuto la fortuna di giocare con tanti ragazzi che hanno già dimostrato tutto il loro valore. Penso a Barella, Cutrone, Meret e tutti i compagni con cui raggiunsi la finale dell’Europeo “under 19” del 2016».
Quella volta, però, contro la Francia non ci fu nulla da fare. Tra i transalpini giocava anche un certo Kylian Mbappé: era già così forte?
«Direi di sì. Io giocavo esterno destro di centrocampo, lui esterno sinistro, quindi me lo ritrovai sulla fascia per tutta la partita. Era di un livello superiore alla media e per di più inserito in una squadra forte come quella nazionale. La Francia vinse 4-0 e meritò quell’Europeo».
È Mbappé il più forte contro cui abbia mai giocato?
«Il più forte penso sia Cristiano Ronaldo. L’ho affrontato in campionato ed è veramente difficile da marcare. Da lui ho subìto un solo gol, ma pesantissimo e nei minuti finali».
Dalle giovanili del Derthona a Cristiano Ronaldo: un salto importante, eh?
«Sì, ma è stato semplicemente frutto del lavoro settimanale. Dei miei inizi a Tortona ricordo l’entusiasmo dell’ambiente ed un tifo quasi unico per il calcio dilettantistico. Da tre anni non riesco più ad andare allo stadio, ma conosco bene la voglia di sport di quella città».
Cosa consiglia a bambini e ragazzi che sognano un giorno di poter giocare in Serie A?
«Di essere se stessi e divertirsi. Non esiste una ricetta particolare per raggiungere il grande calcio: se lavori bene e te lo meriti, ce la potrai fare».
«Dal Derthona a CR7 e Genoa? Vi spiego come»
Intervista a Paolo Ghiglione, premiato agli IDEA Awards, tra Serie A, Nazionale e coronavirus