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«La nostra solidarietà a “chilometri zero”»

Giovanni Damiano spiega da dentro il sodalizio che opera a favore del nosocomio di Saluzzo

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«Lo so, e sento che fare del bene è la vera felicità di cui il cuore umano può godere», diceva Jean-Jacques Rousseau. Parole che risultano appropriate per introdurre “L’officina delle idee”, un’associazione nata sul territorio saluzzese a scopo benefico e conoscitivo, riguardo l’ospedale di Saluzzo, struttura sanitaria che per troppo tempo ha giocato un ruolo marginale, ma che, mai come in questo periodo di emergenza, attraverso il reparto Covid, ha fatto capire l’enorme importanza che può avere e il grande apporto che può dare.
Tra coloro i quali hanno dato vita al sodalizio c’è Giovanni Damiano, presidente dell’associazione a cui IDEA ha chiesto qualche delucidazione in merito alle attività promosse e a quelle in programma.

Qual è lo scopo principale dell’associazione?
«Gli scopi sono molteplici: da quello di difendere e valorizzare la struttura ospedaliera, come presidio di sanità locale (oltre che come luogo di lavoro), promuovendo la cultura della salute, il dialogo con il mondo della politica e delle altre analoghe associazioni, l’innovazione tecnologica e le “nuove idee” appunto».

L’ospedale di Saluzzo ha grandi potenzialità. La vostra associazione può es­sere considerata an­­che un mez­zo per portare a conoscenza della gente l’importanza di questa struttura?
«Guardi, se i saluzzesi, la gente comune, ma anche le banche, le aziende, le pro loco, i gruppi e i comitati, ci hanno permesso di raggiungere una raccolta di poco inferiore ai 500 mila euro (tra donazioni per il Covid-19 e quelle ordinarie) si vede che lo hanno capito da soli… Abbiamo saputo interpretare nel migliore dei modi una solidarietà a “chilometri zero”, difendendo un bene come l’ospedale che è patrimonio irrinunciabile di un territorio unito!».

L’obiettivo è univoco o cambia in relazione alla destinazione di scopo e al periodo in corso?
«Come dicevo, una som­ma ingente è stata raccolta pro “emergenza Covid-19”, da noi di Sa­luzzo insieme con le associazioni saviglianesi degli “A­mici dell’ospedale Santissima Annun­ziata” di Savigliano e a “Cuore in mente Aps”, che è di poco inferiore. Faremo i conti alla fine ma credo che per l’emergenza “Covid 19” sarà attorno ai 600 mila euro».

Avete ricevuto molte donazioni in questo periodo di pandemia, oppure la gente ha preferito altri canali di donazione?
«Se si pensa a quante possibili opzioni ci siano per donare, a partire dalla Protezione civile, Croce rossa ed altre, direi che abbiamo raccolto tantissimo, facendoci promotori di una solidarietà a filiera corta».

Siete soddisfatti della raccolta?
«Ci riteniamo soddisfatti! Per noi la campagna “Covid 19” è conclusa. Ma si può continuare a donare per l’Ospedale di Saluzzo. I soldi sono tracciabili e a brevissimo ufficializzeremo la nostra contabilità, certificata da un professionista».

Si può donare soltanto denaro o siete aperti anche ad altri tipi di donazioni materiali?
«Se non si è molto avvezzi alla burocrazia e le schede tecniche dei vari prodotti, sconsigliamo di donare materiale, che rischia di risultare poi non conforme al vaglio dell’Asl Cn1. Quindi chi vuole ci fa una donazione e noi la traduciamo in materiale di prima necessità, oppure pagando interventi strutturali sui reparti, come è successo per la climatizzazione e l’aria medicale nei reparti destinati ad ospitare i malati “Covid-19”».

Può parlarci delle idee in merito all’ospedale di Sa­luz­zo?
«Può sembrare paradossale, ma dall’ospedale “sanatorio” come qualcuno lo aveva definito, si può e si deve rinascere. L’o­spedale di Saluzzo ne uscirà più forte di prima: rimodernato, efficiente, accogliente, dotato di una strumentazione d’eccellenza. Ma dimenticare il territorio e la sanità di cui le valli come la pianura necessitano sarebbe un errore gravissimo, che non va commesso!».

Qual è stato il momento più curioso vissuto dall’associazione, e da lei in prima persona?
«Un’esperienza bellissima è stata quella dell’asta solidale che ha richiamato oltre 60 artisti da tutto il Piemonte. Tutti hanno donato un’opera che è stata “ac­quistata” tramite un’a­sta virtuale. Io sono molto legato a queste tematiche, particolarmente in questo periodo, poichè mia moglie è infermiera nei reparti Covid, con i figli piccoli a casa dalla scuola e i nonni irraggiungibili. Ci sono stati momenti di grande stanchezza e tensione. Ma sono successe anche tante cose belle: si è fatta “comunità” insomma, grazie al contributo di tante associazioni e aziende. Gente straordinaria, capace di una grande solidarietà silenziosa, ma efficace».