«Vado controcorrente. In un momento in cui la propaganda anti-europeista è più forte che mai, dico che è necessario avere fiducia e che dopo qualche iniziale passo falso dettato dagli egoismi di alcuni singoli stati, ora l’Unione si sta muovendo nella direzione giusta». L’europarlamentare della Lega, Gianna Gancia, prende posizione sul dopovirus basandosi sui numeri che certificano la possibile inversione di rotta, quel sostegno europeo tanto auspicato quanto irrinunciabile per gli stati membri a cominciare dall’Italia.
Onorevole, finora c’è stata molta confusione sia sulla portata dell’intervento europeo, sia sulle modalità di accesso agli aiuti. Possiamo fare chiarezza?
«Diciamo subito che nell’ultima riunione al Consiglio europeo il totale del nuovo pacchetto di risorse è stato definito in 540 miliardi di euro. Si tratta di una notizia importante: inoltre abbiamo il quarto pilastro dell’accordo che dovrà rispondere alla crisi, il “fondo per la ripresa”. Non sono stati ancora completati, al momento, alcuni dettagli dei negoziati ma siamo in dirittura d’arrivo. Abbiamo però certezze».
Complessivamente quale sarà la cifra a disposizione per il Recovery Fund?
«Parliamo di qualcosa come almeno un trilione di euro, non certo una cifra piccola… E la sua distribuzione non è prevista omogenea nel tempo, ma concentrata nei primi anni del programma. Questo trilione permetterà agli stati membri di avere la dotazione necessaria per affrontare al meglio la crisi. Con una prima immediatezza di 500 miliardi, risorse prese in parte dal bilancio Ue già esistente e in parte da un incremento dei trasferimenti dagli stati membri. Von der Leyen ha detto che il tetto stabilito alle “risorse proprie” dovrebbe essere alzato fino al 2% del reddito nazionale lordo, dall’attuale 1,2%».
Come sarà sostenibile questa operazione?
«In parte questo innalzamento permetterà l’emissione di obbligazioni europee. Cautamente, i leader stanno evitando di usare il termine Eurobond che potrebbe ingenerare polemiche soprattutto tra i paesi “frugal four” ovvero Olanda, Finlandia, Austria e soprattutto Germania dove è già partita la campagna elettorale. Le obbligazioni serviranno a prendere in prestito dai mercati le risorse per finanziare il Fondo per la ripresa che sarà quindi suddiviso in sovvenzioni e prestiti. E comunque Gentiloni ha detto che saranno obbligazioni a lunga, anzi lunghissima durata».
Ma la parte dei prestiti quanto peserà?
«Questo non è stato ancora specificato. Ed è chiaro che si tratta di un tema delicato, è il nodo principale delle negoziazioni. I paesi più colpiti vorrebbero più sovvenzioni e meno prestiti».
Tra i paesi più colpiti c’è sicuramente l’Italia…
«L’orientamento sembra questo e premierebbe l’Italia: non aiuti a pioggia ma definiti in base alle necessità».
Abbiamo letto anche del Fondo Bei: di cosa si tratta?
«La Banca europea per gli investimenti mette a disposizione fondi per garantire il finanziamento fino a 200 miliardi di euro e sono soldi destinati alla rete delle piccole e medie imprese».
C’è anche il Fondo Sure.
«Sì ed è strumentale per i 100 miliardi che devono finanziare le casse integrazione nazionali in Europa».
Ed eccoci alla nota dolente del Mes: che cos’è e perché si porta dietro tante critiche? Comporta davvero clausole pericolose?
«È una linea di credito da altri 240 miliardi, dei quali 36 sarebbero a disposizione dell’Italia. La condizionalità è una: si tratta di soldi che devono essere utilizzati per i corpi sanitari, in maniera diretta e indiretta, per ogni forma di cura e prevenzione».
Nessun’altra condizione?
«Nel corso dell’ultima commissione europea, Von der Leyen ha chiarito che non ci sono e non ci saranno altre condizionalità. Ma il tema è che sono soldi da usare esclusivamente per la spesa sanitaria, anche se in via indiretta. Questo mi sembra molto importante. È ciò di cui l’Italia ha bisogno».
Significa in altre parole poter ampliare la disponibilità dei posti letto nelle strutture sanitarie?
«Esatto. Credo che alla luce di tutto questo, sia indispensabile in questa fase evitare di fomentare campagne anti-europeiste. Non fanno bene all’Italia. Portarle avanti è semplicemente assurdo».
Sul piano pratico però, l’utente finale in Italia continua ad avere l’impressione di essere lasciato solo: questi soldi non arrivano. Perché accade questo?
«Parlando con i colleghi di altre nazioni europee, emerge sempre il solito problema: da noi c’è troppa burocrazia. Su questo versante l’Europa non può intervenire. Sarà compito del Governo italiano trovare le migliori sinergie con le forze sociali e una strada anche per dare maggiore responsabilità al singolo individuo in modo da ridurre le pratiche e il percorso burocratico. I soldi dovranno essere usati per le reali esigenze, per ciò che serve. Non c’è altra strada: bisogna cambiare le regole che provocano la burocrazia».
C’è anche la questione dei fondi non utilizzati, un altro problema che. sempre a causa della burocrazia, riguarda da vicino l’Italia.
«Si è parlato anche della possibilità di usare una somma ulteriore legata a questo aspetto. Ne ha fatto riferimento proprio la presidente Von der Leyen, sono fondi strutturali non utilizzati che, essendo prestiti, dovevano essere restituiti. La cifra dovrebbe essere intorno agli 11 miliardi e, in ogni caso, presuppone ancora una volta che ci sia un superamento della burocrazia».
«Ora è il momento di ridare fiducia a questa Europa»
L’europarlamentare Gianna Gancia: «Un trilione di euro per il dopo virus. Basta polemiche gli aiuti ci sono»