Riceviamo e pubblichiamo la lettera del direttore di Oreste Massimino, dpresidente della sezione Avicola di Confagricoltura Cuneo e Piemonte e della FNP Allevamenti Agricoli di Confagricoltura.
Gentile Direttore,
ritengo opportuno, in questo periodo di quotidiano attacco mediatico alla zootecnia, fare alcune precisazioni almeno per il settore che mi vede direttamente coinvolto, l’avicoltura.
Non passa giorno senza che si metta in discussione l’allevamento degli animali, additandolo come causa di tutti i mali. Si è persino arrivati, da parte di persone o meglio di lobby che ritengono di avere su tutto la verità in tasca, a collegare l’allevamento alla pandemia e alla sua diffusione. Sono persone che, da un giorno all’altro, si atteggiano ad esperti di finanza, di politica, di agricoltura e di qualunque altro argomento possa attirare l’attenzione dell’opinione pubblica. E questo avviene sovente anche tramite la televisione pubblica, pagata anche con i soldi degli allevatori, e senza che vi possa essere contradditorio.
Mi trovo quindi costretto a ribadire che la filiera avicola è: virtuosa, responsabile e sostenibile.
• È virtuosa perché opera nel pieno rispetto delle direttive codificate dalla Comunità Europea sul benessere animale. Viene applicato il principio che gli animali, per poter esprimere tutte le loro potenzialità e produrre reddito, debbano essere messi nelle migliori condizioni di vita. La maggior parte degli allevamenti sono ormai a ventilazione forzata e garantiscono, all’interno dei capannoni, temperatura controllata e valori di anidride carbonica e ammoniaca entro i limiti imposti dalla direttiva sul benessere. Lo hanno constatato anche gli studenti dell’Università di Pollenzo durante una loro visita in un allevamento.
La filiera è virtuosa anche perché la pollina, oltre ad essere un ottimo fertilizzante per i campi, è sempre più richiesta dagli impianti di biogas, contribuendo così alla produzione di energia pulita.
• È responsabile perché nel 2018, a fronte di poco meno di 9.000 controlli ufficiali effettuati dall’autorità sanitaria, la positività per la ricerca di residui nelle carni e stata ZERO. Parimenti, l’uso degli antibiotici, che vengono utilizzati solo per le terapie e sempre sotto stretto controllo veterinario rispettando i tempi di sospensione, è calato in questi ultimi anni di oltre l’82%. Ciò, grazie al miglioramento degli ambienti, ai nuovi metodi di profilassi vaccinale, alle rigorose misure di biosicurezza instaurate.
• È sostenibile perché l’avicoltura è il settore zootecnico con il più basso rapporto fra alimento consumato e accrescimento. Mentre negli anni ‘70 erano necessari più di 3 kg di alimento per produrre 1 kg di carne, oggi, grazie alla costante selezione genetica, ne bastano 1,6- 1,7. Ciò significa che per produrre lo stesso quantitativo di carne basta quasi la metà dei cereali e quindi la metà di territorio coltivato, la metà di acqua per irrigarlo e la metà di fertilizzanti. Per ogni 2 punti di riduzione di indice di conversione si risparmiano circa 250.000 ettari di suolo coltivato.
Segnalo, infine, che l’avicoltura muove mezzo punto di PIL e che negli ultimi anni l’agricoltura italiana ha ridotto le sue emissioni del 13%. Stando ai dati del 2018, presentati dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale) attraverso due rapporti, il National Inventory Report 2020 e l’Informative Inventory Report 2020, la zootecnia incide solo per il 6,5% del totale delle emissioni prodotte dal nostro Paese e tra le varie categorie di animali, gli avicoli pesano solo per il 3,3% sul totale delle emissioni zootecniche.
Grazie per l’attenzione, distinti saluti.
Oreste Massimino
Presidente della sezione Avicola
di Confagricoltura Cuneo e Piemonte
e della FNP Allevamenti Avicoli di Confagricoltura