Quella di Flavio Gastaldi, onorevole della Repubblica italiana nonostante i soli 28 anni, è una storia che sa molto di “cuneese”. E questo non solo perché Gastaldi arriva da Genola, di cui peraltro è primo cittadino, ma anche e soprattutto perché nel suo modo di fare e pensare si ritrovano diversi tratti della Granda.
Onorevole Gastaldi, è più complicato svolgere il ruolo di parlamentare o quello di sindaco?
«In questo momento, per me, è sicuramente più difficile fare il sindaco, anche perché
in Parlamento, sedendo tra i seggi di opposizione, sono, con i miei colleghi, stato “silenziato”
dall’Esecutivo che ormai, quando decide di incontrarci e parlarci, lo fa solo per cortesia».
Sta nel gioco delle parti, no?
«Sarà perché personalmente ragiono in maniera totalmente diversa, ma non sono d’accordo. Le opposizioni, quando si dimostrano costruttive, possono fornire un apporto significativo in termini di idee e supporto: è il principio che applico nel comune che guido, Genola, dove cerco il più possibile di confrontarmi con la minoranza. Faccio lo stesso con i consiglieri di maggioranza, che coinvolgo settimanalmente in una riunione di Giunta “allargata”».
Cita con una particolare enfasi Genola. Dev’essere molto legato al suo paese…
«Sì, soprattutto in questo periodo di emergenza. Nonostante le difficoltà, mi appaga il fatto di poter “raccogliere” e portare nel luogo deputato a risolvere i problemi, ovvero il Parlamento, le criticità con cui devono fare i conti i miei concittadini e, in generale, tutte le persone che mi sottopongono le loro problematiche. Purtroppo, però, come spiegavo in precedenza, l’Esecutivo del premier Conte ha sempre respinto le nostre istanze: a volte mi sembra di urlare al vento».
Al dibattito politico preferisce la vicinanza alle persone, vero?
«Sì, l’impegno politico deve essere questo: un servizio alle persone. Si tratta di sensazioni che avevo già provato, seppure in piccolo, quando ero alla guida dei Giovani padani piemontesi e della Pro loco di paese».
A proposito di problemi quotidiani, quali sono le principali istanze che le sono state presentate?
«Le maggiori difficoltà sono legate al profondo stato di incertezza che abbiamo vissuto nelle scorse settimane. Questa confusione, generata dalla scarsa chiarezza con cui il Governo ha varato i provvedimenti anti contagio, ha contribuito a diffondere un clima di rabbia. L’ho toccato con mano nei 50 giorni trascorsi, pressoché 24 ore su 24, in Municipio, durante i quali ho risposto a tutte le chiamate dei cittadini. In alcuni casi, nemmeno io, alla luce del quadro normativo incerto, ero in grado di fornire una risposta certa. È stato svilente».
Qual è l’iniziativa promossa durante l’emergenza di cui va maggiormente orgoglioso?
«Siamo stati tra i primi, a Genola, ad aver attivato un servizio di spesa a domicilio senza gravare sui commercianti del paese, 14 in tutto, bensì coinvolgendo lo splendido gruppo di volontari costituitosi con la precedente Amministrazione. Il servizio, svolto su due turni, assicura quotidianamente alimenti e generi di prima necessità a 70 famiglie. Spero che questa attività possa essere portata avanti anche al termine della pandemia. Con Caritas e Consorzio Monviso solidale abbiamo poi attivato un valido sistema di buoni spesa».
Qual è l’immagine che più le è rimasta impressa?
«L’estrema dignità delle persone che si sono recate in Municipio per chiedere aiuto».
Tornando alle vicende romane, lei si è battuto perché si intervenisse a favore dei bambini.
«Abbiamo fatto notare al Governo che, durante l’emergenza, bambini e ragazzi sono stati dimenticati. E non mi si venga a dire che si sta lavorando per settembre, perché le numerose famiglie in cui entrambi i genitori sono tornati al lavoro chiedono azioni immediate. A Genola, grazie a una rete di cooperative e all’interessamento della Compagnia di San Paolo, stiamo strutturando Estate ragazzi, pur non sapendo ancora se e come potrà essere organizzata. Chiediamo che si stanzi a livello nazionale un fondo da 50 milioni di euro».
Un cambio di rotta è possibile?
«L’Italia aveva la possibilità di spendere 55 miliardi di euro in “deficit”: aver pensato soltanto a garantire la cassa integrazione è stato uno sbaglio. Al Governo manca programmazione: forse perché è poco addentro al mondo del lavoro ed è distaccato dalla realtà e dai suoi problemi. Del resto, se non si fa attenzione, Roma ti “avvolge”. È ciò che dev’essere accaduto ad alcuni deputati del Pd che hanno proposto di far assumere 10 mila nuovi ispettori del lavoro per le aziende. Un’assurdità».