C’è un Conte per ogni occasione. C’è un Conte premier; un Conte allenatore di calcio e ben due Conte cantautore. Uno di loro, in particolare, vanta una discografia perfetta per fare da accompagnamento ai momenti che stiamo vivendo. Perché nelle sue canzoni l’astigiano Giorgio Conte non banalizza e non drammatizza, in certi casi trasmette un senso di sana malinconia, senza però scadere mai nella cupezza, mentre in altri sa creare un clima di leggerezza che scende in profondità. Facendoglielo notare a inizio intervista e chiedendogli se accoglie la definizione di “cantautore ideale (anche) contro il logorìo da lockdown”, in tutta risposta, riceviamo un semplice: “Perché no?”.
Due parole e un segno di interpunzione. Nulla più. Senza però dare l’impressione di voler troncare un discorso sul nascere. Semplicemente Giorgio Conte ha detto quanto serviva. Un’essenzialità che tornerà nel corso dell’intervista e che caratterizza anche la sua produzione cantautorale. D’altronde gli è bastato un “Gnè gnè gnè” per tratteggiare una tipologia di donna e con un finale di canzone (“La sorpresa”), grazie all’allegoria di un viaggio in nave, ha fornito un ottimo consiglio per avvicinarsi nel migliore dei modi all’approdo su altri lidi (per chi crede). Per farsi trovar pronti è il caso di prendere i ricordi da portare con sé, restituir la chiave della cabina e pagare il mini bar.
Viviamo tempi che determineranno cambiamenti nell’esistenza di molti. Nella sua biografia c’è un momento che è stato di grande cambiamento (benché scelto). Si è mai pentito di aver lasciato la carriera da avvocato per dedicarsi alla musica?
«Mi ritengo un tipo “ordinato”, per cui, allo scoccare dell’anno 2000, mi son detto: “Mi sembra che la prima fase della mia esistenza si sia compiuta” e ho voltato pagina! Quando ho smesso di fare l’avvocato, ho cominciato davvero a capire cosa significhi avere tempo libero e come lo si possa sfruttare».
Lei è cantautore, musicista, scrittore, pittore. Può essere corretto semplificare dicendo che è un artista che di volta in volta trova il contenitore più adatto al contenuto che vuole esprimere?
«Direi che è corretto».
Pensa che questa esperienza inimmaginabile e collettiva della pandemia potrà ispirare qualche sua prossima canzone?
«Vade retro Covid! Brutta storia… non merita una canzone, solo qualche riflessione: all’inizio ero scettico, optavo per “È solo un’influenza”, non si vedevano morti nelle strade. Poi ho dovuto ricredermi: è iniziata la clausura, blocco totale: chitarra nel fodero e pianoforte sotto chiave e stato d’animo a corrente alternata: a volte depresso, come una bottega che non sa se riaprirà, a volte furioso come un leone in gabbia, imprecando contro la Cina. Ogni tanto, disperatamente ottimista e poi irrimediabilmente pessimista, convinto che la pandemia/pandemonio, sia un segnale preciso: andrà sempre peggio, l’umanità è condannata a un irreversibile declino».
Se esistesse un social per cantautori in cui al posto della foto profilo si caricasse la canzone profilo, quale sceglierebbe?
«“Gnè gnè”(brano utilizzato anche dal celeberrimo coreografo e ballerino Michail Barysnikov per un balletto a New York, ndr)».
Fossati e Guccini hanno annunciato il ritiro dalle scene da qualche anno. Uno è quasi suo coetaneo e l’altro ha dieci anni in meno. Al di là di eventuali questioni di salute, ci sono ragioni che potrebbero indurla a pensare di smettere con i concerti?
«Credo che Guccini si sia rotto le balle del solito “tran tran” dei concerti, con la fatica che i medesimi comportano. Si è rifugiato nell’altra sua passione, la scrittura che gli viene anche bene… Quanto a Fossati, non conosco le sue motivazioni. Quanto a me, invece, son del parere che l’artista debba morire sul palcoscenico e dunque: «Avanti, avanti bionda, fin che batte il cuor perché la vita è un bel fior!», un verso tratto dalla canzone “Avanti, avanti” di Paolo Conte».
L’altro Conte cantautore, suo fratello.