«Uomo corretto amato da tutti»

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Bruno Bernardi ricordato dall’amico Firera
«Il calcio era tutta la sua vita. Si mostrava leale e umano in ogni occasione, soprattutto con
tifosi e colleghi»

Sono state tantissime le persone, dai volti noti dello sport ai tifosi, che nei giorni scorsi hanno voluto esprimere la loro commozione per la scomparsa di Bru­no Bernardi. Noi della Rivista IDEA abbiamo voluto ricordare questa grande penna del giornalismo sportivo colloquiando con un suo caro amico e collega, Giovanni Firera, at­tuale addetto stampa di Inps Piemonte, già vicesegretario dell’associazione “Stampa Sub­alpina” e console d’Albania, che ha condiviso diverse esperienze professionali e umane con il compianto Bernardi.

Giovanni Firera, come ha conosciuto Bernardi?
«Ci incontrammo al Circolo della Stampa Sporting di Torino. Provenivamo entrambi dal mondo del giornalismo, ma lui era quello famoso. All’epoca del nostro incontro, lui era già ospite del “Processo del lunedì” di Aldo Biscardi. Abbiamo subito fraternizzato, fino a diventare grandi amici».

Vi incontravate soltanto per motivi di lavoro?
«No, trascorrevamo serate in­tere a parlare di calcio, la nostra comune passione, ma anche delle nostre vite. Eravamo entrambi golosi e ci incontravamo spesso per gustarci un gelato insieme. Ci siamo visti più volte insieme all’ex amministratore delegato della Juve Luciano Moggi. In diverse occasioni, Bernardi ha partecipato a convegni da me organizzati, in compagnia di ex giocatori, come Furino e Bettega».

Cosa le raccontava a proposito del mondo del pallone?
«Mi parlava di Sivori, Platini, delle invenzioni di Del Piero, ma soprattutto di Maradona, con cui aveva un rapporto speciale. Il fuoriclasse argentino si fidava ciecamente di Bernardi, perché, a ragione, lo riteneva il giornalista sportivo più corretto d’Italia».

La correttezza: era questa la sua dote principale?
«Sì, senza dubbio. Bruno era un signore in qualsiasi situazione. Non avrebbe mai tradito il proprio interlocutore, non avrebbe mai rivelato un segreto. Non “rubava” mai dicerie di corridoio. Era dell’avviso, infatti, che il bravo giornalista dovesse raccontare esclusivamente la verità che aveva visto con i propri occhi o, comunque, ascoltato con le proprie orecchie».

Ci sveli un retroscena curioso.
«Quando ero console d’Albania regalai all’allora presidente albanese Bamir Topi, tifosissimo della Juve, una maglia di Del Piero e una copia del libro su Platini di Bernardi.

Dopo qualche mese, esattamente durante la notte di capodanno, il presidente d’Albania, sapendo che io stavo festeggiando il nuovo anno con Bernardi, mi telefonò pochi minuti dopo la mezzanotte per porgere gli auguri a Bruno e, soprattutto, ringraziarlo per il libro che gli aveva donato. Bernardi apprezzò molto quel gesto.

Mi raccontava ogni volta con emozione rinnovata quando i giocatori della Juve gli dicevano di cambiarsi e andare in campo ad allenarsi con loro. Pare che fosse anche un discreto calciatore».

Da tifoso juventino, che considerazione aveva del presidente bianconero Gianni Agnelli?
«Pur non conoscendosi molto, si rispettavano. Un giorno Bruno stava seguendo gli allenamenti della Juve da bordocampo quando andò verso di lui l’avvocato Agnelli, il quale gli disse di apprezzare molto il suo modo di scrivere. Ne fu estremamente gratificato».

Cosa si porterà per sempre nel cuore del suo caro amico?
«Conosceva tutti i calciatori più grandi del pianeta, aveva assistito e narrato alcune delle storie più incredibili del calcio ma era di un’umanità incredibile e non si negava a nessuno, specie ai tifosi con cui chiacchierava amabilmente. Era, prima di tutto, un grande uomo».