Ricordando i tanti incontri che ha avuto nelle residenze per anziani della diocesi, monsignor Marco Brunetti (Vescovo di Alba) ha voluto manifestare la sua vicinanza e quella di tutta la Chiesa diocesana a quanti stanno vivendo questo terribile periodo di pandemia nelle case di riposo, con una lettera inviata a tutti gli ospiti.
“Carissimi amici anziani, ospiti delle tante residenze della nostra Diocesi, quasi una per paese, permettetemi di aprire il mio cuore di pastore e padre e rivolgervi un pensiero.
Nei quattro anni di permanenza ad Alba penso di aver visitato quasi tutte le case di riposo presenti sul nostro territorio. Ogni volta che varcavo la soglia delle vostre residenze nutrivo dentro di me un sentimento di riconoscenza e di gratitudine, per tutto quello che rappresentate, per la nostra Chiesa e società.
Per me è chiaro che siete la nostra memoria e le nostre radici, come sovente papa Francesco ci ricorda nei suoi interventi. Salutandovi, stringendovi la mano e ascoltandovi, provavo affetto e instauravo un’autentica relazione umana e cristiana.
La preghiera o l’Eucaristia rappresentava l’apice dell’incontro, che aveva nel rinfresco il suo naturale decorso, dando un senso di festa e di gioia al nostro stare insieme.
Tutto questo prima della pandemia, prima di questo tempo lungo e difficile, che ha interrotto ogni possibilità di incontrarci di persona. Un tempo difficile, di paura, di sofferenza e anche di morte. Ad un certo punto gli anziani, e in particolare quelli ospiti nelle residenze, come voi, sono diventati il problema numero uno!
Niente più visite, tanti sballottamenti per garantire la tutela della salute, un grande disagio appesantito da tante norme e protocolli, che ogni giorno inondavano le vostre residenze.
Penso agli amministratori, al personale e a quanti hanno continuato ad assistervi e con quale fatica e stress: diversi di loro si sono ammalati, come molti di voi.
Penso ai vostri familiari, figli e nipoti, che hanno dovuto interrompere le visite e sostituirle con collegamenti virtuali; penso a quanta angoscia e preoccupazione; e ancora non è finita.
Penso a coloro che ci hanno lasciato e non hanno potuto avere un funerale, che potesse esprimere l’affetto dei propri cari e amici, ma solo una semplice benedizione al cimitero.
Cari anziani, per noi non siete un peso o un costo, ma un dono prezioso; quello che siamo lo dobbiamo a voi, al vostro lavoro e alla vostra tenacia.
Non si è mai abbastanza vecchi per vedere delle tragedie come questa, che stiamo vivendo oggi.
Vorrei portarvi una parola di speranza e di incoraggiamento: la vostra vita ha un valore inestimabile, come ogni vita umana, e il Signore Gesù è accanto a ciascuno di voi.
Io sono certo che questo isolamento non è un abbandono, ma presto si trasformerà in un rinnovato incontro, perché nessuno ha mai voluto dimenticarvi e siete sempre stati presenti nella preghiera.
Lasciate che esprima anche il mio grazie agli amministratori e al personale delle vostre residenze, che non si sono risparmiati, nonostante l’immane difficoltà che l’emergenza rappresentava.
Esprimo loro tutta la mia solidarietà per il lavoro svolto, nonostante le tantissime difficoltà incontrate, e mi auguro che le istituzioni possano intervenire affinché queste case diventino luoghi di cura e di umanizzazione.
Sono convinto che una società vale per quanto è capace di prendersi cura dei suoi anziani.
Carissimi spero che tutto questo finisca al più presto, e spero di poter tornare a trovarvi per riprendere i nostri incontri e pregare insieme.
Sono certo che come me anche i vostri sacerdoti non vi hanno mai dimenticati e vogliono, appena sarà possibile, rivedervi di persona.
Coraggio e ancora una volta grazie per il vostro silenzioso, ma efficace, esempio“.