Uno scrigno selvaggio che si distende per appena venti chilometri, inerpicandosi dall’altopiano cuneese fino ai 2.679 metri di Punta Tempesta. Un’insenatura stretta e apparentemente marginale, custode in realtà di scorci inaspettati dal respiro autentico.
Incastonata nel cuore delle Alpi Cozie, la Valle Grana ha saputo ritagliarsi la propria identità nel corso dei secoli. Una personalità vivace capace di amalgamare natura, cultura ed enogastronomia, intrecciando beni architettonici di pregio ad angoli naturalistici impregnati di fascino. Dal Santuario di San Magno ad esempio, sorto nel XV secolo e costruito ad oltre 1700 metri di quota, alle frazioni letteralmente aggrappate alla roccia di Colletto a Castelmagno e di Chalancho a Pradleves, straordinarie effigi della civiltà alpina di un tempo, senza dimenticare la fitta rete ecomuseale che si nasconde tra un tornante e l’altro.
Dall’Ecomuseo Terra del Castelmagno all’archeologia idraulica di Monterosso Grana e Pradleves (con mulini, segherie e centrali idroelettriche); dal Piccolo Museo del Cinema di Valgrana ai Babaciu di San Pietro di Monterosso, passando per il Piccolo Museo della Vita di Quassù di Colletto a cui si affianca Una casa per Narbona in frazione Campomolino.
Frequentata dai cicloamatori per quel Colle Fauniera celebrato nel 1999 persino dal Giro d’Italia, la Valle Grana riesce oggi ad accontentare anche gli escursionisti più esigenti grazie ad un’offerta eterogenea adatta a tutta la famiglia.
Il Sentiero dei Sarvanot ad esempio (omonimo del più celebre itinerario di Rore di Sampeyre in Valle Varaita), si snoda nel territorio di Monterosso Grana ed è attrezzato con appositi pannelli divulgativi a misura di bambino. La Curnis, invece, si dipana per oltre 40 km in media valle, muovendosi tra vecchie borgate e castagneti storici.
Agli amanti dell’alta montagna è poi dedicata la cosiddetta Curnis Auta, 75 km che attraversano le creste vallive di confine fino a raggiungere i 2.500 metri di altitudine. Il Cammino di San Magno, invece, ripercorre l’antico tragitto utilizzato dai pellegrini di un tempo e unisce Campomolino al Santuario di San Magno attraversando le caratteristiche frazioni di Nerone, Chiotti e Chiappi.
Proprio su questi pascoli che sfiorano il cielo, infine, dove la voce della montagna si fa canto mistico e incontra la maestria dell’uomo, nasce quello che in molti definiscono “il Re” dei formaggi.
Prodotto con latte vaccino e stagionato per almeno tre mesi in cantine di pietra naturale fresche e umide, il Castelmagno affonda le sue radici nella storia medievale ed è oggi il simbolo preponderante dell’intera vallata.