Non è mai facile voltare pagina per chiudere un percorso di vita e abbracciare una nuova sfida. Nel caso di Renato Maunero, poi, si trattava di una scelta definitiva.
Quando ha deciso di accantonare Sport Look, per dedicarsi alle capre e ai formaggi?
«Ho cavalcato i due mondi per un po’ di tempo. Inizialmente avere le capre era una passione. Poi ho considerato che per fare il formaggio occorre far partorire le capre perché diversamente non producono il latte. Quindi farle partorire significa aumentare il numero del gregge e aumentare l’impegno, il lavoro. Mi sono trovato, ad un certo punto, ad avere tante capre ed il negozio. In quel momento, è arrivata la mia svolta. Ho deciso di fare il contadino e di dedicarmi a ciò che, probabilmente, mi apparteneva maggiormente in quel momento. Ufficialmente ho ceduto il negozio nel 2008. Nel 2009 mi sono iscritto ai Coltivatori. Non nascondo che all’inizio mi spaventava il tutto. Sono andato avanti e la mia passione iniziale, è diventata il mio lavoro a tutti gli effetti. Quando la passione diventa il lavoro, è una bella storia».
Adesso è a Cherasco.
«Vivo ed ho l’azienda agricola a Cherasco. Ho i laboratori per fare il formaggio, ho le capre, ho la filiera completa. Dal pascolo, alla mungitura, alla trasformazione del latte, al cliente e al mercato. Filiera cheraschese e un po’ braidese!».
Quali sono gli step del suo nuovo lavoro?
«La mia giornata tipo è abbastanza densa, mi sveglio alle 5 per la mungitura delle capre, poi il pascolo e la trasformazione del latte e il banco al mercato. Le capre devono essere munte, anche la sera. Ho diversi clienti che vengono in azienda a comprare direttamente i prodotti. Servo tutti i ristoranti di Cherasco, tanti negozi e anche su Bra e nelle Langhe. Faccio prevalentemente robiole, il formaggio tipico con il latte di capra. Simile a quella di Roccaverano, ma la mia è cheraschese. Infatti si chiama Robiola Cherasco».
Mi descriva la Robiola Cherasco.
«Vige un disciplinare da seguire, scrupolosamente. Sono l’unico a poterla produrre perchè ho registrato il marchio, in accordo con il Comune cheraschese che ha appoggiato pienamente il mio progetto. La Robiola Cherasco è una denominazione comunale d’origine (De.C.O.). Questa è una piccola grande DOP! Io non esporto e non spedisco, allevo, produco e vendo sul territorio. Una grande soddisfazione, il riconoscimento dell’Amministrazione comunale. Tutti quelli che hanno la mia Robiola, espongono il marchio al ristorante o nelle vetrine. A tutti gli effetti, è diventata un’eccellenza di Cherasco».
Quali sono gli altri suoi prodotti che vanno per la maggiore?
«Ho pensato e realizzato delle alternative al prodotto finale, come i caprini alla lavanda, al ginepro, stagionati nel carbone vegetale. Sto anche producendo delle forme un po’ più grandi e stagionate, con il fieno, con le vinacce, sto facendo degli esperimenti gustosi! Avrei bisogno di aiutanti, ma in questo momento non posso permettermeli e vado avanti da solo, ma con grande energia».
L’avvento del Covid-19, ha stravolto la sua quotidianità?
«Quando è esplosa la pandemia in Italia ed in Piemonte, oltre alla paura della salute, c’era la paura per il lavoro. Il mio lavoro non poteva permettersi di fermarsi. In questo frangente, ho capito quanta gente ho fidelizzato negli anni. Ho iniziato con la consegna a domicilio e la risposta è stata pazzesca, con dei numeri incredibili. Me la sono cavata, insomma. Mi piacerebbe, data l’emergenza, che qualcuno capisca quanto siamo importanti noi produttori in campo alimentare, noi che lavoriamo sul territorio, con le nostre forze. Ho acquisito nuovi clienti in questi ultimi mesi e mi ha fatto piacere. Ho venduto come prima dell’arrivo del Coronavirus. Mi rendo conto che i risultati ottenuti con i miei due lavori, Sport Look prima e il mondo contadino adesso, sono frutto di serietà, onestà, senza prendere scorciatoie. Sono sempre corretto dall’inizio alla fine, questo è il sale del mio lavoro, gli ingredienti principali».
Oggi, fare il contadino cosa significa?
«Una scelta di vita a tutti gli effetti, 365 giorni all’anno. Se non ti piace, fai altro. Deve esserci passione ed essere contento quando ti svegli la mattina, alle 5, per andare a mungere le capre».