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I tre requisiti di chi conduce le indagini

Anche in tempo di paura da contagio gli investigatori devono essere guidati da tempestività, asetticità e oggettività

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Quando si vive una condizione di di­sagio come è stata quella della paura del contagio da coronavirus le persone fanno i conti non solo con delle situazioni cosiddette estreme ma anche con un senso di incertezza e precarietà. Sco­prono di colpo una nuova di­mensione sociale fatta di relazioni mutate nelle forme e nei contenuti. Vivono questa fase storica con un disagio emotivo generalizzato unito a un forte senso di insicurezza, che genera timore. I mass media, dal canto loro, narrano all’ennesima potenza tutte le direttrici che esprimono il disagio, con una continua spettacolarizzazione della cronaca e dei più disparati drammi sociali. Quel­lo che non deve risentirne è però il ruolo degli investigatori che deve sempre, e in ogni caso, essere improntato al massimo rigore e oggettività lontano da sfumature emotive. È necessario che l’operato di chi si occupa delle investigazioni risponda sempre a tre requisiti di fondamentale importanza.

In primo luogo conta la tempestività. Qualsiasi forma di so­pralluogo sulla scena del crimine deve essere eseguita nel più breve tempo possibile. Con questa formula non si intende che questa debba essere svolta velocemente, ma che avvenga subito dopo la conoscenza del fatto. Gli operatori abilitati a tale scopo devono quindi raggiungere il sito nel più breve tempo possibile in modo che sia statisticamente meno probabile che agenti contaminanti, di qualsiasi tipo, corrompano la scena del crimine. La durata del sopralluogo invece è estremamente variabile e deve essere proporzionale alla complessità del caso. Mentre per quanto ri­guarda il sopralluogo psicologico, soprattutto nei confronti dei testimoni, il tempo ha un’in­­cidenza fondamentale e l’agire nel più breve tempo possibile, come vedremo nel corso dell’articolo, ha un’influenza sia sull’accuratezza sia sulla quantità delle informazioni raccolte.

Il secondo aspetto imprescindibile per chi investiga è l’asetticità. Il sopralluogo deve essere privo di qualsivoglia influenza sia esterna, quindi derivante da oggetti contaminanti, sia interna quindi derivante dagli operatori della polizia giudiziaria. Chi affronta questa fase deve essere istruito e capace di non creare delle supposizioni investigative che di fatto potrebbero influenzare il congelamento delle prove. Le supposizioni fatte in questa fa­se potrebbero infatti sia in­fluenzare le tecniche di repertamento, sia fuorviare chi successivamente dovesse ricostruire gli eventi. Nei sopralluoghi psicologici questo aspetto di in­fluenza sia interna sia esterna è molto pericoloso perché molto meno controllabile rispetto a agli agenti fisici. Si pensi infatti a come i vari testimoni si possano in­fluenzare tra loro e im­pian­tare falsi ricordi collettivi o come le domande fuorvianti degli operatori possano condizionare le risposte dei testimoni.

A completare il trittico, l’oggettività. Questa caratteristica è alla base di qualsiasi scienza, e il sopralluogo in quanto scienza deve possederla. L’esperienza e la capacità del singolo deve essere in grado di limitare al minimo la soggettività, in modo da non falsificare la scena. Non devono inoltre essere eseguite azioni o comportamenti non sorretti da uno studio prettamente scientifico basato su ipotesi e dimostrazioni. Tutte le descrizioni che vengono riportate devono essere coerenti con la realtà. In pratica l’aspetto umano dell’operatore deve essere ridotto al minimo e si deve verificare la situazione per cui, chiunque affronti lo stesso compito deve arrivare allo stesso risultato, o meglio ad un risultato non significativamente differente.