Monteu Roero: il colle di San Giors si illumina nelle tinte del tricolore e della vigna

Un omaggio della Cantina Negro all'Italia, e ad una Sinistra Tanaro piena di speranza

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Un tricolore per unire, un tricolore per salutare l’inizio dell’estate: dopo mesi di quel “buio” dettato da un’emergenza sanitaria che ha stravolto abitudini, coscienze, modi di concepire la realtà.

Un’oscurità tangibile: di quelle che hanno bisogno di un segnale, una luce, un cenno di speranza per rialzare la testa. Così nel nostro Paese, così nella Granda, così tra le colline della Sinistra Tanaro. E sì che la luce sta arrivando, è arrivata: nei colori della bandiera italiana, e nella forma di uno dei luoghi-simbolo del Roero.

Proprio qui, dove era iniziato tutto, in un altro periodo di svolta dell’umanità: è infatti l’anno Mille, il periodo a cui risalgono i primi cenni storici di Monteu Roero e del suo nucleo primario, ossia il Colle di San Giors.

Posto a ridosso della salita che conduce al “Mons Acutus”, in un luogo un tempo noto come Pulciano, c’erano una chiesa, un piccolo insediamento, e un castelletto ora scomparso. Radici, storie destinate a continuare: con il raddoppio del tempo, sino agli anni Duemila, passando per le mille voltate di carte dell’umanità, diventando una scommessa fatta di equilibrio tra tocco dell’uomo, ambiente e agricoltura d’eccellenza.

Qui, alla sommità di questa sorta di piramide naturale, sorge un casotto, un “ciabòt”: che, da alcuni anni, è entrato nelle grazie e nelle cure della famiglia Negro. Un’azienda agricola? Molto di più: stiamo infatti parlando di una cantina che, dalla frazione Sant’Anna, è stata tra i protagonisti nella storia del Roero enoico, giocando un ruolo di rilievo nel suo sviluppo -si rammenti il ruolo qui giocato nella moderna vinificazione dell’Arneis- e nella sua promozione.

Da Monteu al mondo, tra le suggestioni e i racconti di viaggio del “patron” Giovanni Negro (che, a suo tempo, fu uno dei sindaci piemontesi con maggiore longevità di mandato) nelle sue prime missioni in Cina negli Anni ’90: pioniere di allora, sperimentatore da sempre.

Con la sua famiglia, e in particolare con il figlio Giuseppe, ha così voluto innescare un nuovo omaggio all’Italia e al Roero: un tricolore, che ora illumina il bricco di San Giors.
Perché, al di là dei suoi 65 ettari vitati e delle oltre 350mila bottiglie prodotte ogni anno, questa cantina sa che occorre anche una buona dose di cuore, di senso di appartenenza alle sorti del proprio territorio: una concezione larga e che sa di “albesità”, coinvolgendo nel suo cammino e nei suoi poderi anche luoghi dal sapore di Unesco come Valmaggiore a Vezza d’Alba, la Baudana di Serralunga d’Alba, la stessa Neive che gode del titolo di borgo tra i più belli d’Italia. Di qua e di là dal Tanaro, insomma: sempre tenendo alto il concetto di armonia tra ciò che può fare l’uomo, e ciò che sa donare la natura.

Non sono un caso le parole che, in epoca di emergenza sanitaria acuta, ci disse lo stesso Giuseppe Negro: «In tempo di clausura, abbiamo avuto molto più tempo per meditare: la terra non poteva sostenere la violenza di noi umani, che l’abbiamo sfruttata in qualsiasi modo. Occorre fare un esame di conoscenza, e fare un passo indietro: per godere di ciò che Dio ci ha donato, comprendendo che non esiste solo il profitto. C’è ad esempio il nostro paesaggio: e c’è, per me, San Giors. Abbiamo voluto “colorarlo” anche noi con la luce, nei toni della bandiera italiana, nel nostro piccolo, con le nostre risorse di famiglia. Speriamo possa essere apprezzato da tutti».

Un po’ come è stato per i tanti siti d’eccellenza illuminati di tricolore dall’Egea Spa: tra Roero e Langa e non solo, spingendosi infatti lungo la penisola sino a Ragusa, negli scenari da molti apprezzati nella popolare serie tv del Commissario Montalbano, giungendo così -coincidenza agiografica?- sino alla cattedrale di San Giorgio.

Un cerchio che si chiude, ora, con il “San Giors” monteacutese, per altre linee, per altre mani. Luogo dell’anima, bello di giorno e ora anche di notte, tra le sue sfumature dal verde, al bianco, al rosso, che diventano quasi un richiamo alle tinte dei filari e dei suoi frutti, dalla vigna al bicchiere.

«Stiamo lavorando ancora al piano di valorizzazione di questo punto del Roero – aggiunge Giuseppe – per il quale abbiamo peraltro stilato a suo tempo un protocollo con il Comune, che prevede anche la rifondazione della antica “strada bianca” che porta sino alla sommità. La conclusione era prevista per quest’anno: il Covid-19 ha portato però ad un slittamento dei lavori, ma crediamo che il tempo saprà essere amico e buon consigliere. La pazienza è equilibrio, nel Roero».

E, in attesa di quel momento, non resta che prendersi qualche istante per noi, alzare la testa e il naso, per guardare quel tricolore notturno: una luce che sfida le tenebre, come lo stesso San Giorgio fece con il dragone. Tra leggenda, forza, e spirito roerino.

Paolo Destefanis