Home Articoli Rivista Idea Ospedale di Mondovì: «D’ora in avanti la grande sfida sarà la diagnosi»

Ospedale di Mondovì: «D’ora in avanti la grande sfida sarà la diagnosi»

Le considerazioni di Mirco Grillo, coordinatore sanitario dei presidi o­spedalieri dell’Asl Cn1

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Una massima di Paulo Coelho in­se­gna: “Tutte le battaglie nella vita servono a insegnare qualcosa”. Quella contro il Covid-19 non può considerarsi finita, ma sicuramente ha ricordato a tutti il valore dell’essere uniti e solidali.

Nella nostra provincia la risposta agli attacchi di questo nemico invisibile è stata efficace, come dimostrano i numeri in calo dei contagi, e IDEA ha fatto il punto con il dottor Mirco Grillo, direttore sanitario dell’ospedale di Mondovì e coordinatore sanitario dei presidi ospedalieri dell’Asl Cn1, tracciando un bilancio sulla situazione dell’ospedale di Mon­dovì.

Dottor Grillo come è stata affrontata la pandemia?
«L’Asl Cn1 ha cinque presidi ospedalieri: Fossano, Mondovì, Ceva, Savigliano e Saluzzo. Que­ste strutture costituiscono una rete che vede al centro l’“hub” dell’azienda ospedaliera “Santa Croce e Carle” e funzionano da “spoke”, sono cioè i raggi che filtrano tutta l’utenza che può essere curata senza an­dare a Cuneo.

Quando abbiamo capito che la situazione stava di­ven­tando esplosiva, insieme alla Direzione generale abbiamo agito in modo da indirizzare o­gni paziente nel luogo più a­datto alle sue esigenze. L’o­biet­tivo è stato fin da subito quello di coinvolgere gli ospedali territoriali».

A fine febbraio vengono installate le tende “pre-triage”…
«Abbiamo presidiato gli ingressi per evitare la diffusione dei contagi tra gli altri pazienti e gli operatori all’interno dell’ospedale. Nelle tende pre-triage allestite all’ingresso gli operatori pongono domande alle persone in entrata, misurando loro la temperatura: sopra i 37,5 gradi non è consentito l’accesso ed è op­portuno rivolgersi al medico di famiglia attendendo la visita a domicilio del Sisp (Servizio igiene e sanità pubblica, ndr) per avere una diagnosi. È una misura necessaria, non è semplice distinguere i sintomi del Covid-19 da altre ma­lattie, la prevenzione è la strategia mi­gliore».

Come avete accolto i pazienti affetti da Covid-19?
«Un grande merito va riconosciuto al servizio tecnico, che ha lavorato per il potenziamento dell’afflusso di ossigeno. Co­me ormai noto, i pazienti colpiti dal Covid-19 possono manifestare gravi difficoltà respiratorie e quindi avere la necessità di Cpap (ventilazione meccanica a pressione positiva, ndr) continua con utilizzo dei caschi per la ventilazione artificiale, il passaggio successivo, quando questi strumenti non bastano, è l’intubazione con supporto di ossigenazione extracorporea».

Un ruolo centrale hanno avuto le terapie intensive, qual è a oggi la situazione su Mondovì?
«Abbiamo riconvertito i posti letto, riorganizzando i reparti, in primis quello di medicina, ma anche tutto il territorio è stato coinvolto con le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale, ndr), che hanno cambiato modo di agire, andando a domicilio e nelle Rsa a fare diagnosi, in modo da contenere l’afflusso all’ospedale. È stata una corsa contro il tempo, le terapie intensive sono più che raddoppiate: i posti letto al Mondovì sono saliti da 6 a 13».

Quali sono le prospettive?
«Non vi è ancora una cura consolidata per il Covid-19, l’o­spedale di Mondovì è un’eccellenza, con la dottoressa An­to­nella Tornello che fa parte di uno studio mondiale che sta valutando la possibilità e l’efficacia dell’utilizzo del plasma dei pazienti guariti per contrastare la malattia. Al momento i numeri dei contagi sono sotto controllo, molti reparti “Covid” sono stati finalmente chiusi, come quello di Mondovì; da adesso in poi la sfida sarà la diagnosi».

Come vi state riorganizzando?
«In piena emergenza i pazienti “non Covid” sono stati ricollocati in reparti diversi, sono stati sospesi gli ambulatori, che hanno continuato ad erogare solo prestazioni urgenti o brevi, sono stati interrotti gli interventi chirurgici, ad eccezione di urgenze o patologie oncologiche, ma tutti gli specialisti han­no aiutato gli internisti, dando grande prova di collaborazione con un atteggiamento encomiabile. Ora stiamo gradualmente tornando alla normalità, ma ci stiamo preparando anche a una seconda ondata di contagi».

In che modo?
«Con il Risk manager e il Cio (Commissione aziendale per la lotta contro le infezioni ospedaliere, ndr) abbiamo studiato percorsi separati per dividere i positivi e i negativi. La Regione con la legge 34 finanzierà la riorganizzazione delle terapie intensive, sub intensive e del Pronto soc­corso; Mondovì ha un ospedale moderno, la cui struttura permette la divisione del Dea in tre percorsi: pulito, sporco e grigio, per i pazienti sa­ni, contagiati o in attesa di tampone.

Bi­so­gnerà organizzare al­lo stesso mo­­do tre sale di attesa e tre “tria­ge”. Per il futuro un ruolo fondamentale lo giocherà la prevenzione, ma la differenza maggiore la faranno gli operatori sa­nitari, che con gentilezza e professionalità si approcciano ai pa­zienti e che in questa emergenza hanno davvero dato il massimo».