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Cuneo: il S. Croce lancia un “messaggio sociale” su diagnosi tumore al polmone (VIDEO)

Il primario di Chirurgia toracica Giulio Melloni lancia l’allarme e invita chi presenti sintomi di un tumore al polmone, a recarsi dal medico di famiglia o in ospedale. Garibaldi: “L’ospedale è sicuro”

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La pandemia Covid non ha avuto soltanto, tra i suoi esiti, molti morti e un cambiamento dello stile di vita tra i cittadini, ma anche un effetto devastante sulle malattie oncologiche, soprattutto sul tumore al polmone.

L’allarme o, meglio, quello che può definirsi un “messaggio sociale”, lo lancia Giulio Melloni, direttore della Chirurgia toracica dell’azienda ospedaliera S. Croce e Carle, unico reparto a servizio di tutta la provincia di Cuneo.

Oggi la medicina è in grado di intercettare al primo stadio questo tipo di tumore, ottenendo l’80% di guarigioni: negli ultimi anni sono stati ideati e realizzati specifici screening con la metodica radiologica e dopo l’estate il S. Croce ricorrerà anche alla diagnosi dell’esalato.

“Durante l’emergenza Covid – spiega Melloni – ci siamo ritrovati in una situazione tipica del passato, per quanto riguarda la diagnosi precoce del tumore. La pandemia ha bloccato anche percorsi diagnostici che permettevano di andare velocemente a diagnosi. Inoltre c’è una quota di pazienti asintomatici che sono a casa, soltanto perché non hanno fatto una banale lastra a seguito dell’interruzione dell’iter di un intervento operatorio”.


La Chirurgia toracica del S. Croce esegue circa 400 interventi all’anno, ed è verosimile che qualche decina di pazienti con lesioni neoplastiche siano sfuggiti allo screening, nel corso degli ultimi tre mesi.

Ci sono pazienti paucisintomatici o con sintomi minimi, che normalmente andrebbero in ospedale; invece lo evitano, ritenendolo un ambiente pericoloso. Conclude Melloni: “Se mettiamo su un piatto della bilancia l’evoluzione della malattia non diagnosticata e sull’altro la possibilità di ammalarsi di Covid in ospedale, il piatto pende sicuramente come conseguenza negativa dalla parte del rischio oncologico.”

Sottolinea Alessandro Garibaldi, direttore sanitario di Presidio: “Ribadiamo che l’ospedale è un ambiente sicuro, gli operatori utilizzano i dispositivi di protezione, gli ambienti sono sanificati, vengono garantite le distanze spaziali e temporali e prima di ogni intervento operatorio il paziente è sottoposto a tampone. La sicurezza è massima”.

cs