«Da allora, Mondovì divenne simbolicamente la capitale italiana per ogni costaricense». Basterebbero queste parole di Ferruccio Dardanello per sintetizzare il senso di quel Mondiale 1990, che fu il punto di inizio di un rapporto tra il Monregalese e il Costa Rica che ha dell’incredibile e che è percepibile solo attraverso i racconti di chi andò come ospite in centro America nei mesi successivi.
«Nel 1991», prosegue Dardanello «raggiungemmo il Costa Rica come ospiti istituzionali per l’inaugurazione di un monumento di ringraziamento alla città di Mondovì posto nel centro della capitale San Josè. Quando arrivammo in città, ci accorgemmo che tutto aveva preso il nome di Mondovì: i bar, le strade, addirittura un ponte in costruzione che conduceva verso il vulcano Irazù, una delle mete turistiche principali del Costa Rica».
«L’accoglienza fu incredibile. Io, da semplice albergatore, ero quasi a disagio: ci misero a disposizione un’auto per muoverci nella capitale e ovunque andavamo venivamo osannati. Essere di Mondovì significava essere figli della città che aveva dato a quel Paese che vive di calcio una gioia incredibile, forse la più grande mai vissuta»: Emilio Rosso, che fu parte della delegazione monregalese, è ancora incredulo oggi.
Negli anni successivi, poi, molti abitanti di Mondovì hanno acquistato abitazioni in Costa Rica, che posseggono ancora oggi, e in diverse circostanze alcuni gruppi di costaricensi hanno affrontato voli transoceanici per scoprire per la prima volta quella città di cui tanto si è parlato in Centro America.
«L’aneddoto più incredibile è legato ad un fattore prettamente anagrafico: in Costa Rica alcuni bambini nati in quel 1990 si chiamano Mondovì, in onore di quell’esperienza» chiosa Dardanello. Un monumento (nella foto a sinistra), i nomi di battesimo, le strade, i ponti, i centri sportivi chiamati Mondovì (basta fare una semplice ricerca su Google!). Forse solo così si può raccontare davvero il senso di quel rapporto nato quasi per caso, nelle “notti magiche” nell’estate del 1990.