Se qualcosa si è portata appresso della sua “piemontesità” (in Langa ha trascorso i primi anni di vita, in Granda è rimasta sino al momento dell’università), di certo non si tratta della parlata larga che contraddistingue un buon numero di coloro i quali sono nati e vissuti con vista su Monviso e Bisalta.
Bastano pochi secondi di conversazione, infatti, per rendersi conto che Enrica Roddolo appartiene alla ristretta schiera di chi appare sempre inappuntabile anche nella forma, pronuncia parole ben scandite, con pause giuste, utilizza termini appropriati e un tono mai sopra le righe.
Merito, forse, anche delle frequentazioni della giornalista del gruppo Rcs, che ha alle spalle oltre una ventina di libri, molti dei quali saggi dedicati alle Case reali, e che ha firmato numerose interviste a re e regine (una delle più recenti è stata con il principe Alberto di Monaco a marzo, mentre era chiuso nel palazzo di Monaco in isolamento con il Covid 19, per il Corriere della Sera, unico giornale internazionale a intervistarlo. Più recente ancora il colloquio con Emanuele Filiberto di Savoia, mentre un anno fa parlò con l’ex imperatrice dell’Iran Farah Diba.
Alla “royal family” e al palazzo simbolo della corona britannica ha appena dedicato il suo nuovo libro, “I segreti di Buckingham palace” edito da Solferino, «una somma di molteplici cose che ho indagato nel corso di tanti anni e dei tanti incontri che ho avuto.
Racconta, oltre ai segreti di un palazzo e di una casata, alcuni dei fatti storici che attraversano le vicende d’oltremanica, dal re che perse le colonie americane, quindi Giorgio III fino al futuro re Carlo e a chi verrà dopo di lui, quindi il principe William e il principino George», spiega Enrica Roddolo.
Intanto possiamo affermare di star parlando con una persona che ha incontrato la regina Elisabetta II, dico bene?
«Ho avuto il piacere di incontrare Elisabetta II alcuni anni fa a Londra nei giardini di Buckingham Palace, perché sono stata invitata a un “Royal garden party”, grande momento mondano all’aperto organizzato dalla Corona britannica. Mi è arrivato l’invito in valigia diplomatica, insieme a un prontuario molto molto fitto di indicazioni sul protocollo da tenere».
Qual è il senso oggi di un libro su una famiglia reale?
«Il punto centrale del libro è cercare di riaffermare come nella lettura che fanno dei reali le riviste “glamour” o di “gossip” si perda il fatto che queste famiglie regnanti siano innanzitutto un’istituzione. La regina è la prima istituzione del Regno Unito oltre che di tutti i paesi che si riconoscono nel Commonwealth. C’è un elemento anche di ritualità legata al protocollo, un cerimoniale ormai antico di secoli».
Non legati al protocollo sono stati i discorsi fatti dalla regina alla nazione per il coronavirus. Ma se l’è cavata bene…
«In un momento di grande incertezza per il Paese, in un vuoto di rappresentatività istituzionale, con il Primo ministro in ospedale e incertezze a livello governativo su come affrontare questa emergenza, la regina Elisabetta ha trasmesso al paese, e direi anche al mondo intero, quel necessario senso di sicurezza e fiducia nelle istituzioni».
Si sceglie di diventare “esperta di case reali” o in qualche modo ci si ritrova a esserlo?
«È il risultato di tanti anni di ricerche sulle famiglie; un lavoro che ho sempre fatto in parallelo a quello mio abituale giornalistico, anche perché molte di queste interviste reali nascono per il mio giornale, il Corriere della Sera.
È una passione che si alimenta man mano che ci si addentra nella storia e ogni volta si scopre qualcosa di nuovo. È una straordinaria avventura, se si ha passione per la storia e voglia di ascoltare le persone, perché quando ci si trova davanti alla regina Elisabetta, al principe Carlo o al principe Harry, in fondo si ha a che fare con una persona che ha vissuto davvero la storia, come nel caso della regina Elisabetta e dall’altro ci si trova dinanzi a individui con le proprie umane simpatie, umane passioni e umane difficoltà».