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Il fenomeno Alberto Sordi cento di questi cento anni

Celebrato il primo secolo di un attore che ha consegnato la sua figura all’immaginario di un’Italia legata all’epoca del boom economico eppure ancora tanto attuale

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Cento anni li avrebbe festeggiati lo scorso 15 giugno, cento di questi anni li vivrà ancora e poi ancora. L’immortalità di Alberto Sordi è legata alla sua straordinaria carriera di attore, all’immagine che ha disegnato indelebilmente nella storia d’Italia del boom economico e nell’età dorata della televisione. Un artista inimitabile che ha saputo interpretare uno e mille personaggi, quelli che tutti insieme hanno creato un grande racconto collettivo con innumerevoli sfaccettature. Sordi è stato l’amplificatore dei tic, delle ansie, dei grandi pregi e dei drammatici difetti di un’intera popolazione. Sordi ha rappresentato perfettamente l’italiano medio, quel modo di essere che sfugge alla comprensione generale oltre confine e che tanto si rispecchia e si compiace nel sentimento comune di una nazione storicamente difficile da catalogare. Sordi è stato talento infinito, classe allo stato puro. Un’eleganza impeccabile anche fuori dal set, con la capacità innata di abbassarsi agli stereotipi peggiori davanti alle telecamere. Lo ha fatto immortalando personaggi epici, capaci di imprese straordinarie, in grado di scalare classi sociali, di elevarsi sulle vette più alte per poi rotolare rovinosamente a valle. Un umorismo velato di malinconia, un sorriso che faceva sempre pensare. Roma nella sua essenza più vivida, meglio riconoscibile. Roma e l’Italia, anche nelle contrapposizioni nord-sud. Un’Italia datata eppure sempre attuale.
In questi giorni Sordi è stato celebrato a Roma in Campidoglio con una cerimonia ufficiale, con Carlo Verdone e Christian De Sica oltre al sindaco Virginia Raggi. E in tv le immagini dei suoi personaggi hanno dominato la scena. Le testimonianze di chi lo ha conosciuto hanno corredato le inquadrature. Un esempio rassicurante, il volto di un’Italia che sapeva sorridere, anzi ridere, ma soprattutto fantasticare. In questo, una realtà molto diversa da quella attuale. Sordi interpretava il sogno italiano, la capacità di sapersi ribellare a condizioni difficili con l’improvvisazione e il talento. L’ascesa sociale, la realizzazione personale. In uno scenario dominato dall’ottimismo. E poi anche il passo falso, l’errore marchiano, qualcosa che puntualmente punisce quella stessa vanagloria. L’Italia fatta di eccessi, in un senso e nell’altro, riassunta nell’abilità interpretativa di Sordi. Il commendatore, il professore, il dottore, il politico, il vigile urbano, il grande amatore, il latin lover. Capace di ammaliare, di attrarre, di entrare in sintonia con chiunque, in alto e in basso.
Al contrario dei suoi personaggi, lui il successo nella vita ha saputo dominarlo e gestirlo. A cominciare dalle donne. Ammirato e conteso fin da giovanissimo, non si è mai legato a una compagna per la vita, mantenendo in primo piano la recitazione, la carriera da attore.
Ha cominciato vincendo un concorso per doppiare la voce di Oliver Hardy, il celebre Ollio. Nel cinema ha poi tracciato una strada luminosa. L’anno della consacrazione è il 1953 quando in breve tempo escono ben 13 film interpretati da Sordi: tra questi “I vitelloni”, “Il seduttore”, “Il matrimonio” e “Un americano a Roma”. Quest’ultimo consegna alla storia la celebre battuta «Maccarone, m’hai provocato e me te magno…», una scena che ha raccontato molto dell’Italia dell’epoca e del provincialismo che cerca di elevarsi guardando al mito a stelle e strisce. Il suo primo film da regista è “Fumo di Londra” del 1966.
Sette film li ha girati con Franca Valeri, l’attrice milanese che proprio a breve, a fine luglio, taglierà il traguardo dei cento anni. Indimenticabili certi passaggi, come in “Il vedovo”, dove Sordi crede di aver eliminato la moglie oppressiva (lo chiama “cretinetti”) ma questa riappare in una memorabile scena dove arriva alle sue spalle, mentre lui la maledice esultando. Altra pietra miliare è “Il medico della mutua” di Luigi Zampa, storia della scalata di un medico neolaureato che diventa primario di una clinica di chirurgia estetica. Il protagonista Guido Tersili resta celebre anche per quel passettino sinonimo di disinvolta autocelebrazione che diventerà un gesto tipico di Sordi, simbolo di una certa filosofia di vita e di un’epoca.

BaNNER
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