Home Articoli Rivista Idea L’osteoporosi, una malattia sociale da non sottovalutare

L’osteoporosi, una malattia sociale da non sottovalutare

In fase di prevenzione precoce è sempre utile lo screening densitometrico

0
499

Il dottor Andrea Craparo, specialista in Endocrinologia, visita e offre la propria consulenza presso il poliambulatorio specialistico Bios di Mondovì, fondato nel 1982 e radicato oggi anche a Fossano e Alba. Con lui si è approfondita l’osteoporosi una condizione in cui lo scheletro è soggetto a perdita di massa ossea e resistenza.

Più specificatamente di cosa si tratta?
«L’osteoporosi è una malattia del tessuto scheletrico caratterizzata da una riduzione della densità minerale ossea e da un’alterazione della microarchitettura ossea. A ciò fa seguito un aumento della fragilità dell’osso, con un inevitabile conseguente aumento del rischio fratturativo».

Quali le cause che la generano?
«Riconosce diverse cause, ma, indipendentemente dall’eziologia, alla fine ciò che si realizza è una demineralizzazione ossea, ossia una perdita di minerale osseo.

La forma più frequente è quella primaria, più comunemente nota come post-menopausale, che interessa le donne in menopausa. L’osso, come tutti i nostri organi e apparati, invecchia insieme a noi.

Questo vale per entrambi i sessi, ma nella donna, a partire dalla menopausa e per i dieci anni a seguire, la mineralizzazione ossea si riduce più rapidamente rispetto all’uomo di pari età, principalmente a causa del crollo dei valori di estrogeni che hanno un importante effetto di protezione sull’osso.

Non bisogna però considerare l’osteoporosi una patologia esclusiva del gentil sesso: anche i maschi possono essere interessati e in questi si riscontra una relativa maggiore frequenza di forme secondarie.

In queste ultime l’osteoporosi ha una causa ben definita, riconducibile a patologie croniche o a trattamenti farmacologici, come la terapia steroidea cronica o la terapia ormonale adiuvante per alcuni tipi di tumori (mammella e prostata in particolare).

Riconoscere le forme secondarie di osteoporosi è importante per diversi motivi: il trattamento in questi casi deve essere mirato alla patologia o alla condizione che sostiene la demineralizzazione ossea, poiché queste forme rispondono in modo sub ottimale alle terapie classicamente impiegate per l’osteoporosi primaria; inoltre, nel paziente con osteoporosi secondaria le fratture da fragilità si possono presentare anche con valori non eccessivamente ridotti di densità minerale ossea, tipici dell’osteopenia, piuttosto che dell’osteoporosi.

La maggior parte delle cause secondarie di osteoporosi può essere esclusa con un semplice prelievo ematico».

Come si manifesta?
«È una condizione per lo più asintomatica e viene spesso diagnosticata in seguito ad un esame di screening densitometrico. È possibile tuttavia l’esordio in forma acuta con un evento fratturativo.

Si tratta nella maggior parte dei casi di una frattura patologica, sostenuta da un trauma meccanicamente inefficace, che di per se non sarebbe in grado di determinare una frattura in un soggetto con normale mineralizzazione ossea. Un aspetto da sottolineare è che circa la metà delle fratture, soprattutto quelle vertebrali di più lieve entità, sono asintomatiche o paucisintomatiche e possono quindi passare inosservate dal punto di vista clinico.

Da qui l’importanza di associare all’esame densitometrico anche una radiografia del rachide dorso-lombo-sacrale per la valutazione morfometrica delle vertebre. Sarà così possibile individuare anche crolli vertebrali di lieve entità».

Come si può effettuare una diagnosi efficace?
«Al fine di prevenire gli eventi fratturativi risulta efficace una diagnosi precoce, fatta essenzialmente mediante esame densitometrico, consigliato in presenza di fattori di rischio per osteoporosi e nelle donne in menopausa.

Quest’e-same valuta la densità minerale ossea a livello delle vertebre lombari e del femore e risulta essenziale per l’inquadramento diagnostico. In casi particolari può essere eseguita una scansione anche a livello dell’osso radiale.

Questo accertamento può essere condotto con diverse modalità, la più comune delle quali impiega apparecchiature denominate Dexa che, utilizzando una dose di radiazione assolutamente trascurabile, fornisce al clinico dati essenziali per fare diagnosi di osteopenia oppure di osteoporosi; inoltre, in virtù della loro riproducibilità, i dati densitometrici risultano essenziali anche per il follow up del paziente, permettendo di valutare l’efficacia della terapia antiriassorbitiva eventualmente in atto.

La densitometria, tuttavia, è solo uno dei tanti parametri da considerare nella gestione del paziente con osteoporosi. Imprescindibile risulta un’accurata valutazione clinico-anamnestica volta ad identificare eventuali fattori di rischio per fratture da fragilità quali: età avanzata, pregresse fratture, familiarità per osteoporosi e/o fratture da fragilità, patologie concomitanti in grado di determinare un maggiore rischio di cadute, fumo di sigaretta, magrezza eccessiva, terapia steroidea cronica, vita sedentaria, scarso apporto di calcio con la dieta e ipovitaminosi D.

Solo in seguito ad una valutazione globale del paziente potrà essere definito il reale rischio fratturativo e potrà essere avviato l’iter terapeutico più appropriato».

Esiste la possibilità di prevenirla?
«Come sempre, prevenire è meglio che curare e, fortunatamente, è possibile prendersi cura del proprio osso al fine di renderlo più forte consentendogli di affrontare al meglio il fisiologico processo di invecchiamento.

A tal proposito, di fondamentale importanza è l’attività fisica, con particolare riferimento a quella sotto carico: la camminata a passo veloce, quando praticata con regolarità, comporta una continua sollecitazione meccanica dell’apparato scheletrico alimentando il fisiologico processo di rimodellamento e rafforzando le ossa.

È importante anche un adeguato apporto dietetico di calcio, contenuto nel latte e nei suoi derivati, ma anche nelle acque minerali: questo elemento, insieme al fosforo, costituisce i cristalli di idrossiapatite, che sono i veri e propri mattoni delle nostre ossa.

Inoltre, è opportuno anche mantenere livelli adeguati di vitamina D, che consente un adeguato assorbimento di calcio e fosforo a livello intestinale: la maggior quota di vitamina D proviene dalla sintesi cutanea conseguente alla foto-esposizione, mentre solo una minima quota si ritrova negli alimenti.

Come avviene per altri organi e apparati anche lo scheletro è danneggiato dal fumo di sigaretta, motivo in più per smettere di fumare. Spesso il trattamento del paziente con osteoporosi non può prescindere dalla terapia farmacologica. A tal proposito, l’armamentario medico per il trattamento dell’osteoporosi è oggi più che mai vasto.

Si va dagli antiriassorbitivi orali, prima linea di trattamento in diversi casi di prevenzione primaria e secondaria, a farmaci anabolizzanti da utilizzare nei setting clinici più complessi e associati a un più alto rischio fratturativo. Indipendentemente dalla terapia utilizzata sarà essenziale provvedere ad un’adeguata integrazione con calcio e vitamina D».

La sua collaborazione con il centro Bios pone l’accento a percorsi diagnostico-terapeutici dedicati alla malattia. Su quali aspetti cardine è indispensabile porre l’accento riguardo l’osteoporosi?
«Primo fra tutti l’importanza dello screening densitometrico che consente di intercettare la patologia in fase precoce, consentendo ampio margine per la prevenzione primaria degli eventi fratturativi.

Successivamente nella prevenzione, sia primaria che secondaria, riveste un ruolo essenziale lo stile di vita poiché un adeguamento di quest’ultimo, associato ad un intervento sui fattori di rischio modificabili, consente, in alcuni casi, di ritardare il ricorso alla terapia farmacologica. In ultimo, non sono solo le donne a soffrire di osteoporosi, sebbene siano la categoria a più rischio di sviluppare la forma più frequente di osteoporosi, che come detto è quella primaria o post-menopausale.

E poi, l’osteoporosi non interessa solo soggetti anziani, poiché le forme secondarie possono presentarsi prima dei 50 anni. La terapia medica oggi disponibile è molto efficace e, se opportunamente prescritta e assunta, consente di prevenire un elevato numero di eventi fratturativi».
L’importante è affidarsi a professionisti.