Simbolo della Città, la Torre civica del Belve-dere si trova sulla sommità della collina del rione di Piazza, la parte alta di Mondovì. Edificata nel XIV secolo, era in origine il campanile dell’antica chiesa di Sant’Andre, fin quando la chiesa ed il vicino convento francescano non furono abbattuti per volontà di Napo-leone. È detta anche “dei Bressani” dal nome dell’importante famiglia che la utilizzò come simbolo di prestigio e potere. Alta 29,10 metri con una scala interna di 87 scalini, domina l’abitato offrendo un panorama spettacolare sulla Langa, la pianura e le Alpi.
Nel 1762 Giovanni Battista Beccaria la utilizzò come punto trigonometrico per la determinazione dell’arco meridiano passante per il Piemonte. All’interno è ospitata una sezione del “Parco del Tempo”, che permette di scoprire varie tipologie di orologi da campanile, tra i quali quello della Torre, ideato nel 1859, che ha la caratteristica di far muovere su ognuno dei quattro lati della torre una lancetta singola, lunga circa due metri.
Nel giardino circostante sono stati installati tre nuovi orologi solari: una meridiana anallematica, un orologio orizzontale a tempo vero locale combinato con un equatoriale che indica il tempo vero dell’Europa centrale e un orologio per le ore italiche e Babilonesi.
I Giardini del Belvedere, nati per l’Esposizione Floreale del 1903, offrono uno spettacolare panorama semicircolare che va dalle Alpi Liguri fino al Monviso in fondo alla pianura, e accompagna le colline monregalesi perdersi nella Langa. La vista si fa a 360° in cima alla torre simbolo di Mondovì.
Alcune tavole di marmo sul parapetto, poste negli anni 1935 e 1937, aiutano acor oggi il visitatore ad orientarsi sulla linea dell’orizzonte. La piccola costruzione neogotica all’ingresso ospita una stazione meteo dell’Aeronautica Militare. Inoltre i giardini ospitano il “Parco del Tempo”, che ci propone ben tre percorsi individuati dal legame di Mondovì con il tempo misurato dagli strumenti: meccanismi di orologeria prodotti localmente, meridiane molto numerose in città e gli orologi orizzontali di pietra.
A Mondovì vale la pena una visita il Momuc, museo della ceramica che ha sede nel prestigioso Palazzo Fauzone di Germagnano, nello storico rione di Piazza.
Il palazzo, di proprietà della Provincia di Cuneo, è uno dei più notevoli della Piazza Maggiore, a sua volta pregevolissimo spazio del Piemonte dal punto di vista paesaggistico ed architettonico. Tra i più antichi della piazza, e dunque della città, la sua fondazione risale ai primi decenni del Duecento come dimora signorile. Trecentesche sono invece le arcate gotiche (a sesto acuto) dell’ampio porticato, in pietra arenaria, così come i locali al di sotto del sedime della piazza, scavati nel vivo tufo della collina.
Il palazzo ebbe un ruolo di primo piano nei due secoli successivi: dimora del sindaco della città Annibale Fauzone, accolse nel 1809 per due giorni il papa Pio VII, in transito verso Savona, prigioniero di Napoleone. A fine Ottocento ospitò gli uffici della Sottoprefettura di Mondovì. Restaurato sotto la guida della Sovrintendenza ai beni artistici del Piemonte, il palazzo rivela ambienti storici di assoluto pregio, in particolare al primo piano che è anche l’occasione per una visita al Museo della Ceramica. In questa sala il visitatore può percorrere cronologicamente le diverse tappe della storia del distretto monregalese della ceramica, ossia l’area industriale che, nell’arco di due secoli, ha interessato le città di Mondovì (nei suoi quartieri bassi: Carassone, Piandellavalle, Rin-chiuso e Borgato), Vicoforte Mondovì, Villanova Mondovì, Chiusa Pesio, Cer-tosa di Pesio e Mombasiglio.
Al secondo piano sono esposte le manifatture dal 1805 al 1850, mentre al terzo affascina sempre la Sala Multimediale dedicata al tema “Fare ceramica”.
Questo significa trasformare la terra in un oggetto dotato di forma stabile, resistenza al calore e impermeabilità, in modo da poter essere usato quotidianamente per la cottura, la conservazione e il consumo di cibi e bevande. Le tecniche di base sono note all’umanità da millenni. Hanno subito perfezionamenti graduali, diversificandosi nei vari continenti in relazione alla disponibilità di risorse e al tipo di prodotto ricercato.
La terraglia tenera è il prodotto ceramico che tra Otto e Novecento rese grande l’industria di Mondovì e del suo territorio. In occasione del decennale, festeggiato proprio quest’anno, il Museo della Ceramica ha in programma un concorso, “L’altra mascherina”, che vuole essere un omaggio all’impegno generoso del personale sanitario nella lotta al Coronavirus e a tutti coloro che con le loro mani hanno curato, accudito e nutrito in questo 2020 terribilis le persone che si sono ammalate.
La parola mascherina è oggi il simbolo degli uomini e delle donne in prima linea contro la pandemia, ma era anche la definizione di una tecnica manuale e seriale utilizzata sin dal 1737 nella fiorentina manifattura Ginori di Doccia, poi adottata nell’Ottocento dall‘industria ceramica di Mondovì.
Cos’era la mascherina usata nelle fabbriche monregalesi? Null’altro che un cartoncino, o stoffa con un disegno traforato, attraverso cui veniva applicato sul corpo ceramico il colore che dava luogo a un motivo decorativo che costituiva la decorazione del vasellame.