«Un combattente per la felicità»

Questo (e molto altro) era Alessandro Invernizzi

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Occhi grandi e sorriso gentile, quello di chi crede davvero nella bellezza della vita e si impegna ogni giorno per rendere il mondo un po’ migliore di co­me lo ha lasciato ieri. Alessandro Invernizzi (nella foto a destra) era certo l’imprenditore di successo che aveva portato acqua e bevande Lurisia sul tetto del mondo, ma soprattutto era un uomo di grandi visioni, professionali e u­mane. L’esperienza difficile della malattia (una leucemia affrontata e tornata tre volte in dieci anni e mez­zo) lo aveva fatto diventare un “Feliciano”, un “combattente per la felicità”.
Il sorriso era il suo biglietto da vi­sita, l’amore per la vita il suo timone, lo spirito di squadra il suo motore. Alessandro era un “uomo del fare” che credeva fortemente nel dare in prima persona il buon esempio per risolvere i problemi, senza cercare colpe e distribuire punizioni, mettendo il “noi” al di sopra di “io e gli altri”. Ha scritto tanto per condividere le sue idee ma sempre accettando il confronto e mediando co­stantemente il conflitto, innamorato come era dell’umanità e dei rapporti u­mani: «Sono una persona come tante altre, forse con solo un po’ più di consapevolezza dell’im­por­tanza dell’avere vi­cino persone positive, con la vo­glia di fare e soprattutto di collaborare. Io so­no anche chi ho incontrato» amava dire. Nel blog dal titolo di “18mq”, lo spazio della sua prima camera sterile nel reparto di ematologia di Cuneo, ha raccontato i giorni strappati alla malattia e conquistati alla vita. Una vita in cui ha potuto veder crescere i due figli, A­le­xander e Rebecca, che al mo­mento della prima diagnosi avevano neanche due anni il primo e soli ventinove giorni la seconda. Soprattutto pensando a loro e al loro futuro Alessandro ha combattuto e testimoniato la sua visione del mon­do fino all’ultimo giorno, senza mai dimenticare l’importanza delle cure e del sistema sanitario italiano. «Nella vita abbiamo una sola certezza, quella della morte. Alla morte sono legati due fattori, il quando e il come. Sul fattore quando non posso influire ma sul fattore come, sì. Sono sicuro che vo­glio morire felice e da vivo». Grazie alla sua energia, ha moltiplicato i pochi anni della sua età in un concentrato di vita che ha saputo comunicare con un fascino naturale e contagioso. Sì, è davvero morto da vivo, e a chi lo ha amato mancherà tanto, ma forse rimarrà anche il desidero di non disperdere il suo prezioso testamento spirituale.