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«Il sistema bancario per competere non può essere solo locale»

Stefano Barrese di Intesa Sanpaolo spiega i vantaggi dell’offerta su Ubi

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A febbraio Intesa San­paolo ha lanciato un’offerta di acquisizione su Ubi Banca. L’operazione ha avuto il via libera dalla Bce, dalla Banca d’Italia, dalla Consob, dall’Ivass e oggi è giunta alla fase decisiva. La scelta è in mano agli azionisti Ubi, grandi e piccoli, che entro il 28 luglio potranno aderire all’offerta di Intesa Sanpaolo. Qual è la convenienza? Secondo gli analisti finanziari, un elevato incremento di valore delle azioni detenute. Certamente, ma non solo. L’opportunità è di contribuire alla nascita di un importante progetto a favore dell’Italia e dei territori locali. Ne abbiamo parlato con Stefano Barrese, alla guida della Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, la struttura che controlla tutta la rete di filiali in Italia.

Se Intesa Sanpaolo uscirà vincitrice dall’Ops, cosa accadrà?
«Questa è un’operazione da cui possiamo uscire tutti vincitori. A nostro avviso, si tratta di un atto di fiducia nel nostro Paese che può avvantaggiarsi dalla creazione di un gruppo italiano molto solido e proiettato nel futuro, in grado di ac­compagnare lo sviluppo della nostra economia in uno scenario di forte competitività globale. Le imprese, le famiglie, le comunità sono sempre più aperte verso logiche internazionali, il sistema bancario non può essere solo locale, deve avere la forza e le dimensioni per accompagnarle in tutto il mondo».

Cosa risponde a chi teme che il territorio di riferimento di Ubi Banca perderà qualcosa?
«Al contrario. Intesa Sanpaolo nasce come Banca dei territori. Le sue origini risalgono ai “monti di pie­tà” cittadini, agli enti creati per dare linfa alle opere di bonifica, di industrializzazione e di sviluppo agricolo delle regioni. Negli anni abbiamo aggregato decine di realtà locali e società specializzate, oltre 25 banche sono entrate a far parte nel nostro Grup­po. La nostra Banca dei Territori è composta da 8 direzioni re­gionali con ampia autonomia operativa e creditizia, che puntiamo ad aumentare creandone una per ciascuno dei nuovi territori di elezione di Ubi Banca, a cominciare da Cuneo. Vogliamo conferire a questi territori una fattiva autonomia decisionale, la medesima quindi di cui già godono le attuali direzioni regionali di Intesa Sanpaolo».

Cos’è un’Ops? Chi lo spiega ai piccoli azionisti che con l’e-mergenza del Covid hanno avuto ben altro a cui pensare?
«La cosa migliore è andare direttamente alla fonte, leggendo l’offerta pubblicata, tra l’altro, sul sito Intesa Sanpaolo. Diciassette azioni Intesa Sanpaolo ogni dieci azioni Ubi Banca, tempo fino al 28 luglio per decidere. Questa è in sintesi l’offerta».

Cosa ci guadagna il piccolo azionista che decide di conferire le sue quote a Intesa Sanpaolo?
«Intanto circa il 28% di premio immediato in base al valore delle azioni al 14 febbraio 2020. Quindi, per fare un esempio, chi possiede 1.000 azioni Ubi, riceverà 1.700 azioni Intesa Sanpaolo, con un premio equivalente a circa 920 euro ai prezzi del 14 febbraio scorso. Inoltre, se mettiamo a confronto il rendimento delle azioni nel periodo 2014-2018, possiamo notare che le azioni Intesa Sanpaolo hanno generato un rendimento più che doppio rispetto a quelle Ubi, il 6,2% rispetto al 2,6%».

Quali sono invece le logiche dei grandi azionisti Ubi, tra cui le fondazioni bancarie?
«Sono “stakeholder” di grandissimo rilievo e stanno facendo le loro valutazioni, che porteranno a scelte di buon senso. Intesa Sanpaolo, pagando dividendi elevati, ha prodotto ricadute di ricchezza per numerosi territori attraverso gli interventi delle Fondazioni azioniste.

Questo per noi è un punto fermo, un principio di responsabilità sociale, ribadito dal nostro consigliere delegato Carlo Messina che, anche in questa fase difficile per l’Italia e l’intera economia mondiale, ha confermato di voler versare agli azionisti il dividendo previsto, una volta ricevuto il via libera dalla Bce.

Proprio in reazione alla crisi coronavirus Intesa Sanpaolo ha dato segno di un forte impegno sia sul fronte finanziario, a sostegno del credito per famiglie e imprese, sia a quello sociale e sanitario. Abbiamo donato 100 milioni di euro alla sanità italiana grazie a un accordo con la Pro­tezione civile, di cui ha beneficiato anche il Piemonte.

Abbiamo stanziato 625 milioni di euro per il rilancio socio-economico grazie al Fondo Impact, 50 miliardi di euro di nuovi crediti a disposizione delle imprese durante l’emergenza. Di que­sti, oltre 2 miliardi sono già stati erogati in Piemonte, regione in cui Intesa Sanpaolo è stata la prima banca a garantire l’anticipo della cassa integrazione e a dare la possibilità di sospendere il pagamento di prestiti e mutui».

Le imprese del territorio hanno qualcosa da temere?
«Le imprese del territorio, a mio parere, hanno tanto da guadagnare. Intanto perché la nuova realtà che nascerà dall’unione di Intesa Sanpaolo e Ubi confermerà le linee di credito esistenti per chi oggi si appoggia su entrambe le banche, poi perché metterà a disposizione ulteriori 10 miliardi di credito all’anno nel triennio 2021-23.

Inoltre, le imprese beneficeranno della nostra presenza internazionale e della capacità di accompagnamento sui mercati esteri. Ad esse sarà esteso il mo­dello di “rating” qualitativo della nostra banca, che tiene conto dei fattori come investimenti in formazione, ricerca & sviluppo, innovazione nella valutazione del merito creditizio. Contiamo di dare ulteriore slancio al nostro Programma Filiere che già conta 700 realtà, al quale abbiamo da poco destinato ulteriori 10 miliardi.

Qui in Pie­monte abbiamo sviluppato oltre 74 contratti di filiera, con il coinvolgimento di 3.000 imprese e un giro d’affari di 6,5 miliardi di euro. Eu­rostampa, Merlo, Bottero, Venchi, Bertolotto Porte, Rivoira sono alcune delle imprese che abbiamo sostenuto nelle ultime settimane. A cascata stiamo aiutando le piccole realtà della loro filiera a ripartire».

Come si muoverà Intesa San­paolo sul territorio?
«Offrendo liquidità e competenza, che mettiamo in campo in qualsiasi condizione, anche in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo. Non abbiamo mai fatto mancare il nostro sostegno economico alle imprese, alle famiglie e al mondo del lavoro. Oltre il 30% delle startup del territorio sono finanziate da Intesa San­paolo.

Attraverso il sistema del Basket Bond incentiviamo inoltre le pmi a finanziarsi in maniera al­ternativa sul mercato dei capitali, come abbiamo fatto con Ledoga, un’eccellenza locale dell’economia circolare. L’ultima operazione ha visto in campo Exetra, la società del Gruppo che aiuta le aziende italiane a promuovere e commercializzare i prodotti del “made in Italy” all’estero, a fianco del Gruppo Scotta».

C’è però chi è preoccupato sulla tenuta dell’occupazione dopo questa aggregazione.
«Le persone sono risorse, il nostro Gruppo non ha mai posto alcun obbligo di uscita ad alcun collega se non per adesione volontaria ad iniziative di incentivazione. Inoltre sono previste assunzioni di giovani, in particolare anche nell’area di Cuneo. A Pavia creeremo il Polo dell’agricoltura, un settore trainante anche nel Cuneese, sul quale continueremo ad investire. Non a caso, siamo i finanziatori dell’intero Polo universitario che sta nascendo a Grugliasco, dedicato alle scienze agrarie».

Bisognerà chiudere delle filiali? Che fine faranno le insegne Ubi?
«In Piemonte le sovrapposizioni sono minime. Manterremo una re­te capillare per servire al meglio famiglie e imprese. A questa si aggiungerà la possibilità di fare o­perazioni e prelievi presso le ta­baccherie aderenti alla nuova realtà nata dall’aggregazione tra Sisal e Banca 5, che nel Nord Ovest sono quasi 1.500».

Si è parlato anche molto di concorrenza…
«La concorrenza è necessaria in un sistema economico virtuoso. In questo caso l’obiettivo è di creare una realtà bancaria ancor più strutturata, con un vantaggio co­mune di solidità e miglioramento di tutte le condizioni di servizio e di redditività per gli stakeholders, ad iniziare dai clienti. Basti pensare che, negli ultimi 5 anni, le surroghe concesse da Intesa Sanpaolo per mutui residenziali, pari a circa 15 miliardi di euro, hanno permesso un risparmio medio annuo di 350 euro a famiglia».

Davvero una grande banca può fare meglio gli interessi della comunità locale? Sono le di­mensioni a fare la differenza?
«È uno dei nostri obiettivi, non a caso abbiamo un’intera divisione dedicata alla Banca dei territori. Interveniamo non solo con credito e servizi bancari, ma anche contribuendo a valorizzare il tessuto economico, sociale e culturale di tutti i territori.

C’è la volontà di collocare a Cuneo una sede della nostra Impact Bank per la gestione delle iniziative a beneficio della comunità locale: patrimonio immobiliare e artistico, innovazione e ricerca scientifica, welfare, social housing, assistenza sanitaria.

La ricchezza del nostro Paese nasce proprio dai territori, dai distretti, dalle filiere, ma anche dalle comunità e dalle tradizioni: noi vogliamo fortemente che tutto questo non venga messo a rischio da crisi economiche, sociali o debolezze del sistema che ci rendano meno concorrenziali sui contesti internazionali».