L’infermiera vinta dal sonno dopo un turno estenuante, il camice e la mascherina ancora addosso, la tastiera d’un computer come cuscino. La processione dei camion militari che s’allontanano dal cimitero di Bergamo, carichi di morte e di dolore. I segni di una mascherina appena levata sul viso dopo ore in corsia o in sala operatoria. Sono i fermoimmagine del coronavirus, gli scatti destinati alla storia, cui aggiungiamo il più dolce degli abbracci, quello d’una anziana coppia separata per la prima volta dalla pandemia e dal contagio, che si ritrova e si stringe e stringe cuori: simbolo non solo di sofferenza e di lotta, ma di rinascita e di speranza, d’amore senza età che supera ogni problema, l’acciaio di famiglie uscite dagli stenti e abituate ad accettare e dividere sacrifici, altro che i capricci di molti giovani d’oggi che si separano senza manco lottare, al primo refolo di difficoltà, svelti a lacerare un vincolo con la facilità di chi scende da un giro in autoscontro.
Giorgio e Rosa erano rimasti separati due settimane, mai successo prima, dentro differenti reparti dello stesso ospedale cremonese per aver contratto il virus, lui ricoverato per primo in seguito a una polmonite, lei, già aggredita da un male, pochi giorni più tardi. Non sapeva, Giorgio, che anche la moglie stava male, non gliel’avevano detto per non farlo preoccupare, la immaginava a casa e voleva tornare da lei, si dibatteva tra nostalgia e tristezza, aveva confessato al personale di sentirne tantissimo la mancanza. E aveva raccontato di cinquantadue anni di vita insieme, di un amore giovanile più forte del tempo, di una donna gracile e bianca dai tratti gentili che rimaneva la sua bambina: la chiamava così, all’alba della storia, quando casa e famiglia erano solo un progetto, srotolato poi, anno dopo anno. senza mai un lamento, lui a manovrare betoniere e lei a cucire vestiti d’alta moda, insieme a tirar su i figli e colorare il futuro.
Tenerissimo Giorgio, ormai 77enne. E poi così garbato: mai un borbottio, solo sorrisi e ringraziamenti a chi l’assisteva ogni giorno. Così la coordinatrice del suo reparto e la caposala di quello di Rosa, commosse, appena migliorate le condizioni dei due anziani sposi, hanno deciso di organizzare un incontro a sorpresa. E con una scusa, senza che potessero immaginare, li hanno fatti ritrovare dentro una stanza. E la scena (le facce stupite, il cercarsi di sguardi e mani, il calore dell’abbraccio e delle carezze) ha commosso ancora di più. Nessuno dei presenti ha resistito al pianto: un abbraccio dolce e lungo, le carezze sui visi bagnati di lacrime, i baci lievi, le parole sussurrate. Così fragili eppure così forti, un inno all’amore e alla vita: meraviglioso sempre ma ancora di più nei tempi bui del “lockdonwn”, degli ospedali pieni, della malattia e del lutto. La semplicità di un sentimento che diventa esempio impetuoso. E un’infermiera ha pensato di immortalarlo, quel momento. Pensava forse a un regalo per Giorgio e Rosa, a un ricordo per i loro familiari, a un promemoria per il personale a non mollare mai e pensare alla bellezza della vita. Lo è stato, ma è stato molto di più. È diventato un messaggio universale grazie alla Rete, perché quell’abbraccio ha fatto il giro del mondo ed è diventato un manifesto del cuore.
Ne scriviamo oggi perché Rosa, dopo essere tornata a casa con il suo Giorgio, non c’è più, vinta dal male che combatteva da tempo, prima del Covid, ma un amore come il loro resiste anche alla morte e il messaggio, nel dolore, diventa ancora più forte.
Il manifesto del vero amore
Ha fatto il giro del mondo lo scatto che immortala l’abbraccio dell’incontro tra Giorgio e Rosa, insieme da 52 anni, dopo che per due settimane sono rimasti separati in reparti diversi dello stesso ospedale cremonese