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«Il territorio e i nostri soci sono i principali obiettivi»

Cristiano Amerio, presidente della Cantina sociale Vallebelbo tratteggia il futuro

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“Già in altri tempi si diceva la collina come avremmo detto il mare o la boscaglia. Ci tornavo la sera, dalla città che si oscurava, e per me non era un luogo tra gli altri, ma un aspetto delle cose, un modo di vivere. Per esempio, non vedevo differenza tra quelle colline e queste antiche dove giocai bambino e adesso vivo: sempre un terreno accidentato e serpeggiante, coltivato e selvatico, sempre strade, cascine e burroni….”, scriveva Cesare Pavese. Un frase che sottintende una cultura, costellata di tradizioni, valori ed emozioni che sono e restano la base dell’impegno profuso da Cristiano Amerio, eletto all’unanimità, nuovo presidente della Cantina sociale Vallebelbo.
La rivista IDEA lo ha incontrato nella sede operativa ed amministrativa in via Cossano 2/a a Santo Stefano Belbo.
Giovane, dinamico e con in mente molte idee. Quale il primo progetto che ha messo in cantiere?
«Ne frullano diverse, in verità, ma non posso ancora svelare i dettagli», ribadisce sorridendo. «Certa-mente tra le priorità c’è il territorio, o meglio un’attenzione verso le nostre aree di appartenenza che rappresentano davvero il motore della crescita. Poche altre cantine possono vantare un legame così stretto con il territorio che la circonda come la nostra cantina Vallebelbo, una cooperativa agricola, nata nel 1956, che raccoglie e vinifica le uve prodotte in circa 500 ettari di pregiati vigneti situati nel cuore delle Langhe, sulle colline che gravitano intorno a Santo Stefano Belbo annoverato come patrimonio Unesco. Questa zona vinicola rappresenta il più importante centro di produzione di uva Moscato bianco, con la quale si producono due vini dolci e aromatici ormai famosi in tutto il mondo per la loro unicità: l’Asti ed il Moscato d’Asti, a cui si aggiunge il nuovo nato Asti Secco, tutti a denominazione di origine controllata e garantita. Partendo dalla materia prima, scrupolosamente selezionata, i successivi assaggi produttivi sono orientati proprio nel’esaltare la stessa materia prima, valorizzandone tutte le sfumature più caratteristiche e i tratti più peculiari. Fulcro di ogni attività è l’innovativa cantina, una struttura estremamente funzionale e dotata delle più moderne e innovative tecnologie enologiche. Tra gli obiettivi c’è il potenziamento della compagine sociale e stiamo lanciando una campagna di reclutamento rivolta a nuovi soci conferenti, perché abbiamo richiesta di prodotto, in particolare di Moscato Docg e quindi cerchiamo di crescere nel nome della qualità».
Parliamo di numeri: quanti soci avete? Quanta uva conferiscono annualmente? Quante bottiglie di vino producete?
«In termini numerici abbiamo circa 150 viticoltori associati, con una produzione di 3.000.000 di bottiglie per un fatturato complessivo di circa 10 milioni di euro. La capacità complessiva di stoccaggio è di poco meno di 6,7 milioni di litri. In termini di produzione il nostro “patrimonio e forza” rimane il Moscato d’Asti Docg, senza dimenticare che la sapiente lavorazione e il continuo perfezionamento delle tecniche di coltivazione dei vitigni Nebbiolo, Barbera e Moscato hanno portato a risultati straordinari che si manifestano nello splendore di un paesaggio unico al mondo. La costante e appassionata dedizione di persone che da generazioni coltivano i vigneti seguendo tradizioni e sapere contadino hanno creato un territorio di eccezionale valore universale che noi attraverso i nostri vini desideriamo raccontare».
Lei è un ingegnere che ha scelto la vigna. Cosa più la affascina in questa professione?
«Essendo nato su queste colline non posso certo dimenticare le mie origini. Io sono dunque vignaiolo per passione e professione visto che sono a tempo pieno impegnato nell’azienda agricola di famiglia. Conosco alla perfezione tutte le difficoltà necessarie a preservare il grappolo sano e salvo sino alla lavorazione in cantina e ho imparato a rispettare la fatica di tutte le generazione che ci hanno preceduto nel coniugare le tradizioni con le caratteristiche moderne di vini di eccellenza. Sono convinto che la mia generazione, come i più giovani siano consapevoli che il lavoro nei vigneti sia un indispensabile mix tra ricordo, emozione, passione ed entusiasmo…».
Affrontando il tema mercati: dove viene esportatala vostra produzione?
«Circa il 25% del nostro fatturato è frutto di una buona penetrazione sui mercati esteri, ed in particolare in aree come Corea, Cina e Russia a cui si affiancano altre nazioni come Stati Uniti e diversi Paesi europei».
Il Covid ha indubbiamente ac-celerato il processo di innovazione. Quanto l’emergenza ha coinvolto il vostro comparto?
«L’emergenza sanitaria ha certamente cambiato o meglio modificato le abitudini. Le persone, in ogni parte del mondo, in questi ultimi 4 mesi hanno accelerato l’interesse verso gli acquisti online. Noi non ci siamo fatti trovare impreparati e abbiamo predisposto un “e-shop” accattivante anche esteticamente che ha permesso e mantenuto costante la vendita attraverso “l’e-commerce”. Non possiamo però nascondere che tutto il canale dell’Horeca (alberghi, ristoranti, enoteche, bar e pasticcerie), negli ultimi mesi ha subìto una brusca battuta d’arresto, anche se ora, timidamente sta ripartendo… Servirà tempo e sono convinto che la chiave nel futuro sia un diverso modi di comunicare e portare le etichette a destinazione. Occorrerà ripartire dal contatto diretto, per raccontare storie e territori, che sono poi la chiave di lettura per testimoniare il senso del lavoro e della passione e della filosofia di chi sta dietro all’etichetta…».
La Langhe, il Monferrato e il Roero sono a tutti gli effetti una “food-valley”. Crede che l’abbinamento cibo-vino per la promozione del territorio in questi anni abbia funzionato? Cosa può essere potenziato?
«Nel tempo, valutando anche i crescenti risultati ottenuti penso si possa sottolineare che la strategia si è dimostrata vincente. Accanto-nando i fatti legati al Covid, in questa area il turismo nazionale ed internazionale è interessato all’eccellenza enogastronomica che rimane un fiore all’occhiello. For-se, potremmo lavorare sul potenziamento della ricettività e dell’accoglienza».
Potrebbe servire anche una nuova cultura nel settore agricolo?
«Da dieci anni a questa parte il comparto è cambiato profondamente. Sta nascendo una nuova filosofia che pone al centro la cura dei vigneti, del paesaggio, nella consapevolezza di una necessaria limitazione all’impiego in àmbito agricolo dei prodotti fitosanitari. Un preservare la bellezza e l’unicità del nostro paesaggio che come sottolinea anche il riconoscimento Unesco. Senza dimenticare il valore tangibile della qualità, testimoniata da una recente campagna promozionale consortile, finanziata dagli agricoltori, che punta sulla territorialità e proprio sulla necessaria ricerca di specificità, ben testimoniata dai consigli dello chef e conduttore televisivo Alessandro Borghese che lo propone anche in versione fresca e giovane come aperitivo o perfetto compagno per ghiotte merende sinoire».
L’annata sembra promettente… Quale vendemmia si aspetta?
«Si prospetta una buona vendemmia, con una discreta quantità in vigna che per noi viaggia in parallelo con un’eccellente qualità dell’uva e del vino».
C’è un sogno, un’idea che vorrebbe realizzare nel corso del suo mandato?
«Mi piacerebbe raggiungere il benessere sociale, vedere la contentezza dei soci, l’essere fiero di far squadra con cantina sociale Vallebelbo che guarda al futuro con ottimismo e nuovi obiettivi sempre ambiziosi e positivi per il territorio e il suo comparto agricolo e vinicolo».

Nella foto sopra, Cristiano Amerio e Serena Ficani, rispettivamente presidente e vicepresidente della cooperativa vinicola santostefanese