Arrigo Sacchi nuovo allenatore del Milan, la drammatica alluvione della Valtellina, “I wanna dance with somebody (who loves me)” di Whitney Houston che impazza nelle radio di tutto lo Stivale.
È un’Italia che mescola spensieratezza e dramma quella che vive le calde prime settimane del luglio 1987, preludio alle ferie estive, ormai sempre più vicine. A rompere questo clima di attesa, il 18, proprio mentre in provincia di Sondrio divampava quella serie di calamità naturali che avrebbero prodotto quasi 3mila sfollati, sull’altro versante del Nord Italia, a Genova, Renato Vallanzasca metteva in atto la sua più celebre fuga, dileguandosi dall’oblò del traghetto che avrebbe dovuto condurlo al carcere di Nuoro, in Sardegna.
C’è di mezzo la provincia di Cuneo nell’evasione più nota del decennio, perché il “bel René”, così come ormai era conosciuto, era reduce da mesi di carcere duro al “Cerialdo”, a pochi chilometri dal capoluogo della Granda, da cui stava per essere trasferito in terra sarda.
Servirono venti giorni alle forze dell’ordine italiane per rintracciarlo e arrestarlo, a Grado, in provincia di Gorizia, dopo alcuni giorni di tranquillo pernottamento in un hotel, tra cozze e champagne, con il falso nome di Fabio Poletti e un’intervista telefonica da latitante con Radio Popolare.
Finiva così, di fatto, la parabola del più noto bandito del nostro Paese, che da quel momento non sarebbe più riuscito ad evadere, pur tentando ripetutamente altre fughe. Milanese, classe 1950, Renato era il classico ragazzo difficile, figlio di due genitori divorziati e con l’indole al furto e alla delinquenza palesati sin dalla tenera età, quando aveva cercato di far “evadere” una tigre da un circo cittadino.
Quel bambino monello si trasformò in poco tempo in un vero e proprio pericolo per la pubblica incolumità, nell’Italia da “Romanzo criminale” che stava facendo i conti con il terrorismo degli anni Settanta. Arrestato una prima volta nel 1972, riuscì a evadere e ad organizzare una banda pericolosissima, capace di mettere in atto rapine senza precedenti e di lasciare lungo il suo percorso tante vittime innocenti.
La cattura del 1977 fu solo un primo freno alla sua scalata: proprio nel corso degli anni Ottanta strinse profondi rapporti con la criminalità organizzata del Sud e iniziò a pianificare “colpi” a effetto, come quello che, nel 1987, avrebbe dovuto portare al sequestro di Marco Van Basten e Ruud Gullit, le due stelle del Milan di Sacchi, destinato a riscrivere la storia del calcio.
Chissà che ne sarebbe stato del pallone internazionale se quel sequestro fosse andato in porto e chissà che ne sarebbe stato del ciclismo se lo stesso Vallanzasca avesse reso note al mondo le “sue” verità sulla positività al doping di Marco Pantani, prima della morte del ciclista.
«Ero a messa, mi si avvicinò un ragazzo e mi disse: se hai qualche milioncino, giocalo sul Giro d’Italia, ma non per Pantani. Ho appena saputo che il pelatino andrà male», dirà anni dopo la morte del figlio alla mamma del Pirata e poi in molte interviste televisive.
Davvero la criminalità organizzata aveva “scommesso” contro Pantani? È uno dei tanti misteri che ruotano attorno al “bel René”, uno degli ergastolani drammaticamente più chiacchierati del secondo Novecento italiano.
1987 – La cattura di Vallanzasca
Aveva fatto perdere le tracce durante il trasferimento dal “Cerialdo” di Cuneo a Nuoro