Se chiedeste a un italiano di almeno trent’anni di indicarvi quale canzone abbia cantato da adolescente in compagnia degli amici, magari strimpellando una chitarra, probabilmente, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, risponderebbe: “La canzone del sole” oppure “Acqua azzurra, acqua chiara”.
In entrambe le circostanze, il titolo vi riporterà alla memoria il volto di un cantante che con le sue parole e le sue melodie di accompagnamento ha scritto la storia della musica italiana.
Stiamo parlando di Lucio Battisti, pianto da gran parte dello Stivale nel settembre del 1998, quando morì ad appena cinquantacinque anni. Battisti non fu solo uno dei più grandi cantori del Novecento, capace di rivoluzionare la musica pop-rock italiana con diversi richiami ad altri generi, ma fu anche il simbolo di un’intera generazione: quella dei figli della Seconda guerra mondiale e delle speranze cullate dal boom economico.
Nato, per uno strano caso del destino appena un giorno dopo Lucio Dalla, il 5 marzo 1943 a Poggio Bustone, nel Reatino, Battisti visse infanzia e gioventù nelle sue terre d’origine, tra la necessità di costruirsi una vita economicamente stabile e il sogno di diventare un grande cantante. Proprio come molti suoi coetanei del Centro-Sud Italia, scelse di spostarsi a “settentrione” per provare a sfondare: a metà anni Sessanta si trasferì a Milano, inseguendo quel “sogno del Nord” che attirò nelle grandi città industriali migliaia di cittadini del Sud in cerca di un futuro più sereno.
La svolta arrivò nel 1965, quando conobbe il paroliere Giulio Rapetti, in arte Mogol, che lo spronò a lanciarsi come solista, abbandonando la carriera da autore. Dopo alcuni anni “dietro le quinte”, Battisti raggiunse così successo e fama. Siamo nel 1969: in quell’anno partecipò al Festival di San-remo con “Un’avventura”, consacrandosi qualche mese dopo con “Acqua azzurra, acqua chiara”, che divenne il vero tormentone estivo dell’anno.
Quello che si apriva fu a tutti gli effetti il “suo” decennio: da “Il mio canto libero” a “Emozioni”, passando per “Fiori rosa, fiori di pesco”, “Una donna per amico”, “Sì, viaggiare” e “La canzone del sole”, ogni sua opera raggiunse un successo quasi unico nella storia della musica italiana, lasciandosi alle spalle anche grandi testi delle band internazionali, molto in voga in quegli anni.
Proprio all’apice del suo successo, però, Battisti iniziò una conversione inattesa e a sua volta senza precedenti: già dal 1975, cominciò a palesare una certa insofferenza nei confronti delle grandi attenzioni mediatiche, fino a scegliere volutamente di isolarsi, per continuare a vivere in serenità con la moglie Grazia Letizia Veronese e il figlio Luca Filippo Carlo, nato nel 1973.
Fu proprio la moglie, a sua volta autrice, a sostituire Mogol all’inizio degli anni Ottanta, accompagnando l’artista, che collaborò anche con il paroliere romano Pasquale Panella, negli ultimi anni di attività, chiusa con la pubblicazione di “Hegel”, il suo ultimo album, datato 1994.
Allontanatosi a tal punto dai riflettori che molti programmi iniziarono a fare a gara per riuscire a scovare qualche sua immagine, Battisti venne ricoverato all’ospedale, in gravi condizioni, a fine agosto 1998, morendo il 9 settembre. Al suo funerale furono ammesse solo venti persone, tra le quali lo stesso Mogol.
Se ne andava un mito, che scelse il silenzio e l’ombra ma che, di fatto, ha mantenuto intatta la propria fama.
Nel maggio 2019 il giovane rapper cuneese di origini afroamericane Diablo a “The voice”, su Rai 2, ha cantato “Cosa succederà alla ragazza?”, brano di Lucio Battisti del 1992. L’ennesima testimonianza della grandezza delle sue canzoni che, probabilmente, continueranno a essere la colonna sonora di molte generazioni ancora.
1998 – Se ne va Lucio Battisti
Ha lasciato in eredità brani unici che ispirano anche le nuove generazioni