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2012 – Bob Dylan infiamma Barolo

Sul palco di Collisioni l’artista vincitore del Nobel alla letteratura regalò un concerto straordinario

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C’è stata una not­te, nemmeno trop­po tempo fa, in cui un paesino di nemmeno mille abitanti è stato per qualche ora la capitale mondiale della musica, verso la qua­le erano rivolti gli occhi di tutti gli appassionati.

16 luglio 2012. Barolo, settecento due anime arroccate tra le colline langarole, ospita nel quadro del festival “Collisioni” Bob Dylan, una delle figure centrali nella storia della musica folk e rock mondiale.

Sono passati poco più di otto anni da quello che è considerato da molti appassionati ed addetti ai lavori come uno dei momenti musicali più alti vissuti dall’intero Piemonte, che in poche ore si riscoprì grande attrazione non solo per le sue bellezze naturali ma anche per gli eventi artistici che poteva proporre. Robert Allen Zim­mer­man (il vero nome di Dy­lan, nato nel 1941 in Minneso­ta da famiglia ebrea emigrata negli Stati Uniti pochi anni pri­ma) si presentò a Barolo a bor­do di un “tour-bus” a due piani, accompagnato da una squadra di trentacinque tra tecnici e collaboratori. Chi ha avuto a che fare con lui in quei giorni giura che quasi non si percepisce tutto ciò che ha rappresentato per la canzone internazionale: un premio Oscar, dieci Grammy Award, il Premio Nobel alla letteratura «per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana», ma soprattutto un’in­finità di successi planetari che hanno rivoluzionato la musica, il ruolo del cantante e, per certi versi, anche la società, divenendo autentici inni per molti movimenti di protesta. Non serviva altro per regalare alla “gente di Col­lisioni” due ore di passione e amore, cantate quasi a ruota libera tra successi del passato e del presente e chiuse con l’apice di “Like a Rolling Stone” e “Blowin’ in the wind”.

Proprio in questo suo secondo capolavoro si chiedeva, con una domanda retorica, quanto a lungo si sarebbe dovuto attendere per poter avere i diritti riconosciuti per tutti negli Stati Uniti. L’attesa, appunto. Quell’attesa estenuante che deve essere accompagnata dalla determinazione per poter raggiungere i propri sogni. Un po’ come accaduto agli organizzatori di Collisioni, come ricordato dallo stesso Filippo Taricco, direttore artistico della kermesse nata nel 2009, che a lungo corteggiò Dylan: «Avevo conosciuto Ba­r­ry (storico agente del cantante, ndr) circa un anno fa; dopo quattro anni di email in cui mi presentavo, gli parlavo del Festival e dei nostri sogni, e lui rispondeva semplicemente “D. not available, best regards”. La follia di un organizzatore consiste nel continuare a scrivere ai manager, a fare gli auguri di Natale e altro, malgrado le porte in faccia e i rifiuti netti».

Dylan attirò 6 mila persone in estasi, ma soprattutto direzionò tutti gli occhi degli appassionati verso le colline e i vigneti langaroli. Cinque chilometri di code di auto parcheggiate ai confini di Barolo, il caldo vinto dalla musica e i brividi quando il pubblico urlò «How does it feel» nel momento clou di “Like a Rolling Stone”. La storia della musica era fatta.