Taglio dei Parlamentari: Maurizio Marello voterà “Sì” al Referendum del 20-21 settembre

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E’ stato indetto, per i giorni di domenica 20 e lunedì 21 settembre 2020, il referendum popolare, ai sensi dell’articolo 138, secondo comma, della Costituzione, confermativo del testo della legge costituzionale concernente «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019.

Il disegno di legge costituzionale sottoposto ad approvazione si compone di quattro articoli. L’articolo 1 modifica l’articolo 56 della Costituzione riducendo il numero dei deputati da 630 a 400. Il numero dei deputati eletti nella Circoscrizione Estero passa da 12 a 8. L’articolo 2 modifica l’articolo 57 della Costituzione riducendo il numero dei senatori elettivi da 315 a 200.

Il numero dei senatori eletti nella Circoscrizione Estero passa da 6 a 4. Il numero minimo di senatori assegnato ad ogni regione si abbassa da 7 a 3 ( 2 al Molise, 1 alla Valle d’Aosta e 3 alle Province autonome di Trento e Bolzano che vengono equiparate alle Regioni). L’articolo 3 modifica l’articolo 59 della Costituzione chiarendo che il numero massimo di senatori a vita di nomina del presidente della Repubblica non possa in alcun caso essere superiore a 5, eliminando in tal modo i dubbi interpretativi del precedente testo.

L’articolo 4 disciplina infine l’entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge stabilendo che esse si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento delle Camere successivo alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi 60 giorni dalla predetta data di entrata in vigore.

Maurizio Marello ha preso posizione sul referendum spiegando: «Voterò sì, per alcuni semplici motivi: 945 parlamentari (630 deputati e 315 senatori) mi sembrano troppi. Lo pensiamo e diciamo, quasi tutti, da anni. Lo hanno scritto nei lavori parlamentari le commissioni bicamerali che dall’inizio degli anni ottanta si sono succedute per tentare, invano, di riformare le Istituzioni del nostro paese.

Troppi in rapporto alla popolazione, troppi per avere delle Camere efficienti, troppi rispetto alle competenze statali che nel tempo si sono ridotte in favore della legislazione regionale e di quella comunitaria europea. Troppi per un quadro sociale, economico e tecnologico profondamente mutato negli anni: le relazioni e le comunicazioni sono, infatti, ben diverse da quelle degli anni ‘50 e ‘60.

Non vedo i pericoli per la democrazia paventati dai sostenitori del no, pericoli che per la verità emergono ogni qualvolta si cerca di cambiare qualcosa», ha proseguito, «600 parlamentari (400 deputati e 200 senatori) tanti sarebbero se vincesse il SI, garantiscono pienamente la democrazia, specie se preparati e competenti».

«Parallelamente occorre rivedere i collegi elettorali in modo da non penalizzare i territori meno popolosi, ma i partiti che hanno votato la riforma (quasi tutti) si sono impegnati a farlo, magari nel quadro di una nuova legge elettorale. C’è poi l’argomento del risparmio economico. A mio parere il meno importante, ma comunque da non sottovalutare. Anche se un Parlamento che legifera e funziona bene, composto da persone valide, oneste e capaci, in una democrazia parlamentare come la nostra, non ha prezzo. Insomma “pochi (si fa per dire) ma bun”, come recita l’antico adagio piemontese».