2014 – La scomparsa di Giorgio Faletti

L’astigiano lasciò il proprio segno indelebile in ogni campo dell’arte in cui si cimentò

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Il 4 luglio 2014, a 64 anni ancora da compiere, se ne andava Giorgio Faletti, colpito da un tumore polmonare che ne aveva segnato drasticamente gli ultimi mesi di vita.
Anche a sei anni di distanza, con gli occhi del “senno di poi”, è difficile definire che cosa è stato l’artista astigiano. Poco più di un anno fa, sul ilmessaggero.it l’amico Massi­mo Cotto lo ha definito “uomo dal talento onnivoro e dalle mille vite”. Forse una sintesi un po’ troppo letteraria, ma certamente evocativa per riassumere chi in poco più di trent’anni di attività ha saputo essere attore di teatro e cabarettista, comico irriverente e profondo pensatore, menestrello di testi goliardici e cantante riflessivo, scrittore dalla penna leggera e autore di thriller tra i più venduti al mondo.
Nato ad Asti nel 1950, Faletti crebbe in provincia, a Borgo Torretta, preferendo quasi subito l’attività di attore teatrale a quella di studente universitario in legge. Il suo primo vero contatto con il grande pubblico arrivò nel 1985, quando venne assoldato nell’esercito istrionico di “Drive In”, il programma Mediaset che rivoluzionò il modo di fare televisione nei “gloriosi anni Ottanta”.
Forse un po’ troppo rapidamente dimenticato dal mondo della comicità, a cui lasciò in eredità personaggi unici come Vito Catozzo o Carlino, inaugurò gli anni Novanta nella nuova veste di cantante. Nel 1991 pubblicò “Ulula”, che ebbe un certo successo popolare, ma raggiunse l’apice nel 1994, con “Signor tenente”, cantata, o meglio recitata, sul palco del Festival di Sanremo, dove chiuse al secondo posto, aggiudicandosi il premio della critica.
Proprio come cantante avrebbe voluto essere ricordato, ma il destino stava per serbargli la vera e definitiva consacrazione in un’altra veste: nel 2002 pubblicò “Io uccido”, che lo consacrò come uno dei più apprezzati autori di romanzi thriller in circolazione. In poco tempo divenne lo scrittore italiano più letto nel mondo, tradotto in 24 lingue e con milioni di copie vendute per ogni sua opera.
Visse gli ultimi anni nella fama di chi aveva sorpreso il mondo che non si sarebbe mai aspettato da lui un’evoluzione di questo tipo, togliendosi anche lo sfizio di centrare una candidatura ai “David di Donatello”, nei panni del professor Martinelli in “Notte prima degli esami” (2006). Il 3 ottobre 2013, pochi mesi prima di andarsene, rilasciò alla Rivista IDA una lunga intervista, nella quale difendeva il ruolo del comico («non è una forma inferiore di vita sulla terra»), ricordando le sue origini astigiane, che non aveva mai rinnegato, nonostante fosse diventato un “uomo di mondo”, come lui stesso si definì in quell’occasione.
Più di altri passaggi, però, di quella lunga chiacchierata resta il finale, in cui ironicamente sottolineava il suo essere eternamente indefinito: «Qualche volta al mattino mi sveglio, mi lavo la faccia e mi chiedo: “Che cosa si inventerà oggi per stupirmi l’uomo che vedo nello specchio?”. Questa è una cosa che mi diverte moltissimo, perché un artista ha il dovere di stupire i propri fan, ma ha anche il diritto di stupire se stesso».