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2016 – L’attentato nel cuore di Nizza

Tra le 85 persone uccise anche una donna di Piasco

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Tra le assurde e tragiche stragi perpetrate dal cosiddetto Stato islamico nel corso degli ultimi anni dopo l’11 settembre ce n’è una che più di tutte si è avvicinata all’Italia, per il resto rimasta miracolosamente esclusa dalla teoria dei folli attentati firmati dai fanatici dell’Isis. È quella av­venuta a Nizza la sera del 14 luglio 2016.
Quel lungomare, la celebre e bellissima “Promenade des An­glais”, è un luogo che molti italiani conoscono e apprezzano. In particolare, tanti piemontesi e soprattutto cuneesi. La Costa Azzurra (che del resto un tempo faceva parte del Regno Sabaudo) ha un mare così vicino che in tanti hanno scelto di viverci le vacanze estive molto spesso con le seconde case. E tanti erano gli italiani che si trovavano a Nizza anche quella sera. In sei persero la vita.
Ore 22,30, il lungomare è pie­no di turisti. Ci sono i fuochi d’artificio che ogni anno il 14 luglio celebrano la Festa na­zionale francese che coincide con la Presa dalla Bastiglia. Al­l’improvviso, sulla folla, piom­ba un autocarro. Viaggia veloce e a zig zag, ha forzato il blocco della zona pedonale fingendosi fornitore di gelati e sta già investendo alcune persone. Come in­­difesi birilli. Ne ucciderà 85, oltre a circa 200 feriti. Altri moriranno nel corso degli anni successivi. Un papà cederà al dolore dopo avere invano cercato il figlioletto per giorni.
Il camion è un Renault Midlum bianco: 18 tonnellate di peso, 15 metri di lunghezza. Vola a 80 chilometri all’ora. Al volante c’è un trentunenne con doppia nazionalità, francese e tunisina: Mohamed Lahouaiej-Bou­hlel, il nome consegnato alla diabolica storia dello stragismo di matrice islamista. Non solo sta guidando per travolgere il maggior numero di persone, ma spara anche all’impazzata con una pistola. Il tragitto mortale dura quasi due chilometri. Poi la polizia francese riesce a uccidere l’attentatore.
Sul suo percorso disumano la prima vittima è proprio una donna musulmana. Mille storie si intrecciano nell’assurda dinamica di una serata destinata a rimanere scritta nella storia, con tanto sangue innocente. Tra le immagini girate dai cellulari, fanno scalpore quelle di un giornalista tedesco che dal suo albergo riprende il tentativo disperato ed eroico di un motociclista che affianca per un po’ il camion nella sua corsa, si avvicina all’abitacolo e cerca di colpire l’attentatore, ma questo reagisce e gli spara. L’uomo cade rovinosamente. Morirà in seguito an­che lui. Vittime di ogni età, anche una decina di poveri bambini. Vit­time di ogni nazionalità. Tra gli italiani morti, quattro turisti lombardi e una casalinga di Piasco, nella bassa Val Varaita, Carla Gaveglio. Più uno studente italo-americano.
A distanza di quattro anni non ci sono parole per dare un senso a questa strage. Non ce ne saranno mai. Almeno fino a quando la storia non deciderà di svelare le trame nascoste dietro agli anni degli attacchi dell’estremismo religioso, di una tale efferatezza da andare oltre ogni possibile spiegazione religiosa o politica.