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Corno di Cherasco al centro del libro di Giuseppe Capra

Prosegue la meritoria attività dell’appassionato cittadino della “città delle paci” volta a far conoscere meglio frazioni e cappelle campestri

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Non si ferma la vena documentaristica del “ragionier scrittore” Giu­­seppe Capra (per tutti Bep­pe) che nel corso degli anni si è occupato di raccontare molte curiosità circa le cappelle campestri e le frazioni di Cherasco collocate a destra dello Stura, oltre a dare alle stampe altre pubblicazioni dedicate a personaggi e luoghi che hanno segnato la storia della città.
L’ultima produzione del cheraschese è dedicata alla borgata Corno.

Il volume, la cui pubblicazione è stata resa possibile grazie all’aiuto del Comune di Cherasco, è stato ultimato a fine 2019. Pur­troppo l’emergenza sanitaria ne ha impedito una presentazione in grande stile, ma l’autore conta di poter rimediare nei prossimi mesi, magari proprio all’ombra della cappella campestre della borgata, dedicata a San Giovanni Battista. Con il ricavato delle vendite, Capra intende contribuire ai restauri interni della cappella, minuziosamente de­scritta nel volume. Beppe però va oltre: aneddoti e curiosità “sul Corno” accompagnano il lettore nelle oltre 90 pagine, fra le quali sarà possibile immergersi nei ricordi passati e scoprire altri segreti nascosti della Città di Cherasco.

Capra, come è nata questa sua voglia di raccontare Cherasco attraverso le chiese campestri e le frazioni?
«Da sempre colleziono tutto ciò che riguarda Cherasco, fotografie e libri in particolare, e ci tenevo a mettere a disposizione anche di altri il materiale di cui ero a conoscenza, facendomi aiutare da persone più avvezze di me alla scrittura nella stesura dei testi. Così mi sono occupato dei Picchi con la chiesa di san Gre­gorio, di san Gio­vanni, di Iso­rella e di Mo­glia. Ora è la volta del Corno, poi toccherà a Fraschetta. Ho anche raccontato di personaggi che hanno lasciato un segno in città, come Gino Bernocco e Marcello Torta e ho ricostruito la breve storia del circolo “Il fiore” durato solo un paio di anni, subito dopo la seconda guerra mondiale.

C’è da immaginare che il lavoro di ricerca non sia così facile…
«Soprattutto non è facile verificare gli episodi che mi vengono raccontati. Alcuni hanno ricordi vaghi e imprecisi e, siccome mi piace scrivere qualcosa di cui sia sicuro, cerco sempre di trovare dei riscontri».

Sulla cappella dedicata a s0an Giovanni Bat­tista al Corno ci sono particolarità da segnalare?
«Non molto, nel senso che è davvero un edificio piccolo, di pochi metri quadri, in cui una volta si diceva messa alla domenica e ora solo in occasione della festa patronale. Di particolare c’è, però, la forma del campanile, triangolare. Non è un caso unico, ma comunque piuttosto raro».

Ci sono differenze tra una frazione e l’altra rispetto ad usi, costumi e tradizioni?
«Non differenze sostanziali, qualche diversità a livello di pro­cedura, al limite. L’ordine di scelta del massaro, per esempio, avviene secondo criteri diversi».

I suoi libri sono serviti a far scoprire qualcosa di nuovo agli stessi cheraschesi?
«Qualcosa sì: per esempio pochissimi sapevano che ai Picchi c’era una cappelletta, che è diventata cantina di una casa privata».