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«Tutti insieme possiamo cambiare l’Italia in meglio»

La nuova conduttrice di “Agorà” su Rai3: «Questo governo non ha gestito male l’emergenza sanitaria; ora non bisogna perdere l’occasione di costruire il nostro futuro. Il mio legame con Torino e il Piemonte? Lo ritrovo sempre nell’etica e nel pensiero libero, ma a Roma sto benissimo»

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Luisella Costamagna: «Politici, in tv troppe liti»

Da una decina di giorni è tornata in Rai con l’appuntamento quotidiano di “Agorà”. Un’avventura inedita che però Luisella Costamagna ha affrontato senza alcun impaccio, anzi riproponendo il consueto stile.

Bentornata alla conduzione di un programma tv: che Italia ha ritrovato, vista da quella prospettiva?
«Nell’ultimo periodo in tv ero sempre ospite e quindi intervistata, ora da “padrona di casa” faccio direttamente le domande: è cambiata la modalità. Ma la sensazione, in ge­ne­rale, resta quella un po’ sgradevole di dover assistere a un confronto irrisolvibile tra opinioni contrapposte, senza che da par­te dei po­litici ci sia­no segnali di una possibile collaborazione. Invece è ciò di cui ci sarebbe bisogno in questa fase, delicata sotto ogni punto di vista. Sarà che la campagna elettorale negli ultimi giorni ha preso il sopravvento, ma restano aperti interrogativi importanti. Ci sarebbe da capire, ad esempio, come si potrà gestire la scuola, come utilizzare il “Recovery fund”. Ecco, mi sarei aspettata una maggiore condivisione, più dialogo tra le parti. Al netto della campagna elettorale».

Non trova che a dominare sia generalmente la paura?
«Nel Paese c’è indubbiamente molta paura, a tutti i livelli. Dalle famiglie al personale scolastico, per esempio. Bisogna reagire. Recentemente, partecipando a un dibattito a Napoli, ho saputo di una scuola dove tutti si erano rimboccati le maniche e stavano tagliando e modificando i banchi in vista della ripresa. Ecco, dovremmo essere tutti schierati dalla stessa parte, invece la politica ragiona sempre per contrapposizioni».

Chi salverebbe in questo momento?
«Sicuramente le persone comuni, gli italiani. Promossi a pieni voti. Al di là delle “movide” dei giovani, che poi sociologicamente sono comprensibili, sono stati tutti molto attenti. Mentre non si può dire la stessa cosa di personaggi come Briatore e De Laurentiis. Se penso invece a Roma, e agli stereotipi che si porta dietro, ho visto per tutta l’estate tanti esempi di comportamenti civili e responsabili che non ho mai trovato al Nord. E poi bisogna rivolgere un encomio al mondo della sanità pubblica che, dopo essere stata falcidiata con tagli dolorosi, ha saputo comunque essere all’altezza di una situazione realmente complicata».

Immagina che il Covid porterà un cambiamento sostanziale alla nostra società?
«Un cambiamento è necessario. Da una parte, inevitabilmente, l’emergenza sanitaria ha già modificato le nostre vite. Ora si teme una seconda ondata, Israele ha già fatto ricorso a una nuova chiusura. Ma toccherà a noi, appena possibile, trasformare questa situazione in un’occasione di miglioramento, non solo perché il virus ci richiama a una maggiore attenzione per la natura. Bisogna poi decidere come spendere al meglio i 109 miliardi dall’Europa. Il Mini­stero degli affari esteri sta per occuparsene ed è una questione vitale. Ci sono da impostare nuove politiche del lavoro, ripensare allo smartworking, digitalizzare recuperando i ritardi, ridurre le distanze tra Nord e Sud. Vecchie questioni, però ci sono i soldi per risolverle».

In tv abbiamo visto un passaggio continuo di virologi. Pro­mossi anche loro?
«La scienza non è esatta, questo ci hanno fatto capire alcuni di loro. Ha sbagliato però di più chi ha valutato le informazioni dal punto di vista della solita tifoseria politica».

Il Governo poteva fare meglio?
«Obiettivamente non era facile. Considerando l’emergenza sanitaria e tutte le problematiche inedite che questa ha sollevato, l’attuale Governo non può essere giudicato negativamente. E non sono io a dirlo. Anche dagli altri paesi è arrivato un riconoscimento di stima per come è stato affrontato il Covid. E del resto altrove hanno fin qui avuto maggiori problemi di noi che siamo stati i primi a fare i conti con il virus. Più avanti, poi, vedremo come sarà affrontata la fase successiva».

Lei vive a Roma, ma in quale misura sente di avere eventualmente un legame con il Piemonte?
«Il legame c’è ed è molto forte anche se torno in Piemonte ormai solo una volta all’anno, a Natale. Ma rimane tutto il mio vissuto legato alla famiglia prima di tutto, poi anche a valori solidi come l’etica, oppure la serietà, che considero caratteristiche molto torinesi. Anche la libertà di pensiero. Queste sono radici, sono insegnamenti che porterò sempre con me. Ricordo quando ho lasciato Torino, avevo con me i libri di Fenoglio e Pavese proprio per non perdere l’essenza di certe indescrivibili atmosfere. Oggi a Roma vivo benissimo, trovo ottima la qualità della vita, ma mi viene da pensare che non sarei quella che sono oggi se non fossi nata e cresciuta a Torino».