Home Articoli Rivista Idea «L’emozione di essere arbitri di calcio»

«L’emozione di essere arbitri di calcio»

Parla il presidente della sezione braidese dei direttori di gara Massimo Marengo

0
306

Non tutti lo sanno, ma sotto la Ziz­zola esiste (ed è particolarmente attiva) una sezione che forma arbitri di calcio. Si tratta della sezione braidese della Figc-Aia. Abbiamo intervistato il presidente Mas­simo Maren­go, braidese classe 1973, alla guida del gruppo di “fischietti” dal 16 maggio 2012. Fu eletto con 54 voti a favore (sei schede restarono bianche e quattro risultarono nulle), in sostituzione di Pier Giorgio Alesso, che aveva lasciato la presidenza dopo 12 anni. Come “mission presidenziale”, Marengo decise di puntare «sul coinvolgimento di tutti gli associati, ognuno con le proprie capacità e competenze, promuovendo la cultura del gioco di squadra per consentire alla sezione di crescere e facendo in modo che i successi dei singoli siano visti come un successo di tutti».

Ci descriva l’inizio di stagione, presidente Marengo.
«Personalmente è la mia nona stagione. Da otto anni ricopro questo incarico; ora, però, sia­mo in attesa delle elezioni. Io ho deciso di non ricandidarmi».

A questo punto, mi corre l’obbligo di chiederle di tracciare un bilancio.
«Tutto sommato è positivo; nel periodo della mia presidenza, il calcio si è trasformato e, di conseguenza, anche il ruolo dell’arbitro è cambiato molto, soprattutto per quanto concerne la sua professionalità. Come sezione abbiamo puntato forte sulla qualità. Ciò pur tra mille difficoltà, soprattutto negli ultimi anni, relativamente al reclutamento. Trovare giovani arbitri sta diventando un problema e sarà oggetto di dibattito. Ab­bia­mo raggiunto l’apice di 130 associati durante la mia presidenza e, purtroppo, chiudo con 90 arbitri».

Parlava di trasformazioni: quanto incide la tecnologia?
«Sui nostri campi non possiamo usufruire della stessa tecnologia a disposizione della Serie A. In ogni caso, le novità introdotte nella mas­sima categoria, a cascata, han­no reso possibile l’informatizzazione delle designazioni e, in generale, della gestione della vita quotidiana del direttore di gara. L’analisi “video” successiva alle partite, soprattutto per quanto concerne errori o situazioni di difficile interpretazione, è un’operazione dispendiosa ma che ha portato a un netto salto di qualità».

Come definisce oggi l’arbitro?
«Anzitutto, un atleta. A tutti gli effetti: svolge allenamenti e af­fron­ta prove fisiche a intervalli di tempo abbastanza ravvicinati. Si tratta di test atletici molto severi, dal cui superamento dipende la possibilità di dirigere gare ufficiali. L’arbitro ha in capo diverse responsabilità e deve garantire professionalità, in tutte le categorie. Dev’essere lucido, pronto a decidere in qualsiasi situazione. Conoscere, quasi, a memoria il regolamento».

Cosa fa scattare la “scintilla” interiore?
«La passione. Per diventare arbitri bisogna amare il calcio, le sue regole. Avere voglia di mettersi di gioco, Fare l’arbitro presuppone un lavoro quotidiano sulla propria personalità, sul proprio carattere, sulla capacità di prendere decisioni in tempi brevi, sulla gestione della pressione cosiddetta “esterna”».

Come si vince la brutta abitudine di dar contro agli arbitri?
«A volte, l’ignoranza porta diffidenza e paura. Se non conosci, puoi farti idee sbagliate o, comunque, puoi trarre conclusioni affrettate. In questi anni abbiamo cercato di aprire le porte della nostra sede, in corso Monviso, e di aprire un dialogo, ovviamente rispettando le regole. Soltanto facendo toccare con mano la nostra semplicità e la nostra voglia di calcio, possiamo provare a scardinare quella mentalità sbagliata. Noi stiamo lavorando per portare giovani arbitri in Serie A».

Il risultato più bello raggiunto durante la sua presidenza?
«Vedere un arbitro che si realizza e cresce, umanamente e tecnicamente, è qualcosa di straordinario. Penso, in particolare, agli arbitri che sono stati promossi in categorie superiori. L’anno scorso, il nostro assistente arbitrale Ro­ber­to Allocco è stato promosso in Serie C».

Quale sarà la “mission” del suo successore?
«Far comprendere ai giovani e alle famiglie che fare l’arbitro è un’e­sperienza positiva e che la nostra sezione è un luogo protetto e altamente formativo».

Resterà nel sodalizio?
«Sì, rimarrò all’interno dell’associazione come elemento d’aiuto. Metterò a disposizione la mia esperienza, soprattutto a favore dei giovani».