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«Qualità: la chiave del nostro futuro»

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La carica di presidente del Centro studi Beppe Fenoglio è un significativo segnale di stima che rende felice Riccardo Corino – direttore generale di Banca d’Alba -, anche se la nomina è ancora troppo recente: «Ho accettato questo incarico con grande onore e responsabilità. Per quanto riguarda la grandezza dello scrittore, non devo aggiungere nulla. Rin­grazio il sindaco Carlo Bo e Margherita Fenoglio, ora attendo la riunione del consiglio direttivo per valutare assieme ai collaboratori quali attività intraprendere».

Veniamo allora a Banca d’Alba: ciò che è accaduto con il Covid ha creato una situazione di grave e diffusa difficoltà economica e sociale. Come ha risposto il vostro Istituto?

«Interpretando al meglio il ruolo di Banca di comunità, con grande impegno. Abbiamo risposto in questo periodo a oltre 6 mila richieste dalle famiglie, prestando servizio con tutte le 73 filiali. Siamo stati reattivi e tempestivi comprendendo quanto fosse importante. Ringrazio la squadra dei miei collaboratori, insieme abbiamo evidenziato un grande valore professionale e umano».

Tra le persone, in generale, si è diffuso un senso di preoccupazione e paura per le conseguenze economiche della crisi. È così?
«Dobbiamo interpretare le sensazioni, direi che c’è insicurezza più che paura, perché la crisi ha spostato i parametri economici e finanziari che prima erano assodati e questo ha causato anche sfiducia. Noi vogliamo rappresentare un punto di riferimento, meritare la fiducia reciproca di cui andiamo fieri, per le persone e gli imprenditori che ci ripagano con la stessa moneta».

Come giudica la crisi attuale? A che punto siamo?
«Ci troviamo in una situazione “congelata”. Le moratorie a sostegno all’economia hanno stemperato le tensioni finanziarie, ma come Banca dobbiamo prepararci alla primavera del 2021, quando sarà ancora determinante il nostro ruolo a sostegno delle attività. Quando cioè si guarderà avanti, contando che sia rientrata l’emergenza (per ora il Governo ha stabilito un’estensione sino a gennaio) e dovremo essere presenti con quello che è il nostro modello più che uno slogan: noi ci siamo».

Questo territorio ha le sue peculiarità: possono rappresentare una leva per uscire dallo stallo?
«L’Albese aveva già reagito alle crisi del 2008 e del 2011 meglio di altri territori. Qui infatti c’è una diversificazione molto qualificata fra un settore e l’altro. L’agricoltura è di qualità, il secondario spazia dalla meccanica al packaging, dal tessile alle bici elettriche: difficile trovare altre zone così. E poi c’è un settore terziario evoluto, dove il turismo ha colto il meglio della qualità del territorio, per esempio, dell’enogastronomia. Così si è sentita meno la ricaduta economica del Covid. Un altro aspetto è che le nostre aziende sono ancora a carattere famigliare, hanno una loro storia che si lega a quella dell’imprenditore il quale ha patrimonializzato l’azienda e legato le sorti personali a quelle dell’attività. Il senso di responsabilità sociale è più forte. Terzo aspetto: il dinamismo imprenditoriale che caratterizza la nostra identità».

In prospettiva pensa che la crisi possa cambiare il modello economico della nostra società?

«In economia il tasto rewind non esiste, siamo sicuramente in una fase di transizione verso qualcosa di nuovo. Sarà un modello diverso dall’attuale. Potrà assomigliare a quello attuale in alcuni elementi, ma non più come prima. Tutto passerà attraverso un filtro di maggior qualità. Nell’accoglienza turistica, nei nostri prodotti e nella ricerca per qualificarli, nell’agricoltura e nell’attenzione per l’ambiente».

Per la Banca questo si traduce nella qualità dei rapporti con le persone?
«Sì, anche se ci stiamo già impegnando per aumentare la qualità del nostro servizio e continueremo a farlo, nella relazione con le persone, con i soci e con i clienti. Come Banca di comunità ruotiamo attorno alle esigenze del cliente, in tutte le fasce. Quindi ci occupiamo dei giovani, delle famiglie, delle imprese. Con una visione che va dal locale all’internazionale: un’azienda forte all’estero si rafforza anche sui mercati nazionali. Nel segno della qualità».

Quale l’errore principale nei modelli di pre-crisi?
«La polarizzazione estrema non ha aiutato la sostenibilità del modello economico. Bisogna ponderare, dare il giusto peso a ogni scelta».

Perché molte persone, quando sono stati lanciati gli aiuti di stato, hanno trovato una chiusura nelle procedure delle banche?
«C’è stata un’enfasi mediatica, per una semplificazione nella comunicazione che ha disorientato la clientela. La burocrazia non è solo carta inutile, c’è anche un aspetto determinante di attenzione. Noi abbiamo subito velocizzato l’iter di sospensione delle rate e concesso finanziamenti oltre il perimetro dei decreti legge con un’interpretazione estensiva, sfruttando i nostri livelli decisionali più vicini di quelli di altre realtà».

Un obiettivo di Banca d’Alba nell’immediato?
«Rafforzare il concetto di crescita equilibrata e sostenibile che garantisca alla Banca un futuro da co-protagonista nell’economia del territorio, assieme agli imprenditori e tutti i soggetti coinvolti. In estate abbiamo appena superato i 10 miliardi di euro in volumi complessivi, ma è un dato che non vorremmo celebrare perché al di là dell’espressione numerica, contano di più le persone».