In estate ha aggiunto alla carica di presidente di Banca d’Alba, quella omologa al vertice di Confcooperative Piemonte. L’analisi di Tino Cornaglia sull’attuale momento sociale ed economico ha quindi un valore speciale.
Presidente, com’è lo stato di salute della vostra Banca?
«Stiamo bene, negli ultimi anni abbiamo lavorato molto per consolidarci un po’ come si fa in tutte le famiglie. Abbiamo messo in sicurezza la Banca, anche grazie a un ottimo utile che è stato provvidenziale per consentirci di fare appieno il nostro dovere durante la pandemia. La crisi c’è, il turismo e le attività ne hanno risentito, ci sono stati mesi bui per il nostro territorio che però non ha mai smesso di lavorare e ora comincia a rivedere la luce».
Ne esce rafforzato il vostro legame con le persone?
«Sicuramente. Abbiamo 60 mila soci e questo ci rende già un istituto sui generis, siamo una banca di comunità incentrata proprio sulle persone, a cui siamo stati vicini in molti modi, dando risposte in tempi rapidi, garantendo il supporto economico con iniziative creditizie straordinarie».
Una maggiore attenzione rispetto a istituti più grandi?
«Ci aiuta il fatto di conoscere personalmente le famiglie e le aziende sul territorio, e questo ci fa svolgere al meglio il nostro compito di banca cooperativa, si integra molto bene con le attività delle grandi banche che per loro natura svolgono un ruolo diverso».
La gente lamenta sempre di più l’impossibilità di un contatto diretto e affidabile con le banche.
«Non riguarda il nostro caso perché, come ho detto, noi partiamo dalla centralità delle persone. Nel periodo di lockdown, i nostri collaboratori hanno sempre garantito il servizio nelle filiali in modo serio e disponibile, diventando un riferimento sicuro per soci e clienti con cui hanno avuto un dialogo costante. Sono stati anche psicologi, un po’ come i dipendenti di supermercati e farmacie, gli unici luoghi dove c’era la possibilità di incontrare persone in quel periodo difficile. Molti anziani venivano magari a pagare la bolletta in anticipo pur di fare due chiacchiere».
Qual è stata la molla per passare dall’esperienza farmacistica a quella bancaria?
«Mi aveva cercato l’allora presidente Cerruti vedendomi come il soggetto idoneo per la nostra banca che rappresenta i soci, nel commercio potevo essere un riferimento, così come ne abbiamo in agricoltura o altri settori. Il fatto di essere farmacista può avermi un po’ agevolato, ma lo spirito che ho io è presente in tutti i consiglieri».
Che cosa rende speciale il territorio delle Langhe?
«Non abbiamo mai perso la memoria. Questo territorio ha vissuto una crescita esponenziale dagli anni ’50 in avanti, con il boom economico, le grandi aziende, l’agricoltura e il vino, le nocciole e la Ferrero. Però i nostri nonni hanno vissuto la fame e ce l’hanno raccontata. I loro insegnamenti ci hanno aiutato per tirarci fuori dalle difficoltà. Negli ultimi anni è cresciuta la qualità dei servizi a livelli altissimi, quindi anche la fiducia da parte del consumatore e del turista, per cui se c’è un territorio che può ripartire subito è proprio il nostro; infatti i segnali si vedono già, sperando che non ci sia un ritorno dell’epidemia che potremo scongiurare seguendo le prevenzioni sanitarie indicate».
Può essere che da questa fase nasca un nuovo modello di sviluppo?
«Sicuramente qualcosa cambierà, nel mondo dei modelli operativi è già cambiato. Penso all’Internet banking oppure ai nostri webinar. Io stesso non sono quasi più andato a Roma partecipando alle riunioni da remoto».
La crisi in Piemonte c’era già prima del Covid: le aziende della regione come potranno ripartire?
«Abbiamo un territorio talmente bello che credo possa sopperire alle crisi aziendali. Non esiste da nessuna parte un simile substrato agricolo, abbiamo le aziende e le cooperative più forti in tutti i settori. Dal vino alle carni, dal latte alla frutta. Macinano qualità, lavoro e mercato. Certo, è cambiato qualcosa per il turismo, la gente si muove meno e pochi arrivano dall’estero».
I giovani hanno più opportunità di crescita rispetto al passato, ma anche molti più ostacoli. È così?
«C’è soprattutto un dato: questi ragazzi sono bravi e preparati, molto più delle nostre generazioni. Basti pensare che ormai sanno tutti parlare le lingue straniere. Uno dei punti fermi della nostra banca è la vicinanza ai giovani per facilitare il loro avvicinamento al mondo del lavoro e cerchiamo di essere loro vicini in tutte le tappe importanti della crescita».
La cultura è diventata un’area di riferimento per le banche?
«Noi abbiamo lavorato molto in questo senso, ospitando convegni e mostre e sostenendo i festival: “Collisioni” per esempio, ma anche “Attraverso”, “Alba Music Festival”, “MonfortinJazz”. A loro va il plauso quest’anno di essersi messi in gioco tra mille difficoltà ed aver combattuto per garantire le rassegne culturali e musicali sul territorio».
Qual è l’obiettivo che ora Banca d’Alba vuole raggiungere?
«Radicarci ulteriormente nel territorio per offrire un servizio sempre migliore. E crescere come la banca delle terre del vino e dell’agricoltura. Con un’apertura verso il mare: faremo un nuovo investimento in Liguria».
Fuori dal lavoro, quali passioni coltiva?
«Sono abbastanza pigro. Però mi piace occuparmi del mio orto e amo la pesca. L’orto per me è una sfida, cerco sempre il massimo… La pesca l’ho amata fin da ragazzo anche se quest’anno ho avuto poche occasioni di andarci».