È una denuncia forte ma necessaria, quella che emerge dal documentario “Né Tonda né Gentile” del giornalista Stefano Rogliatti, nato da un’idea di Coldiretti Piemonte e presentato alla stampa lo scorso 15 ottobre a Torino, per smascherare la realtà produttiva che fa concorrenza sleale alle nocciole Made in Cuneo.
Il 70% della produzione mondiale di nocciole avviene in Turchia, la parte restante in Italia che è il secondo produttore a livello globale con una quota di mercato di circa il 12%. La Turchia nel 2019 ha esportato nocciole in 121 Paesi per circa 320.000 tonnellate con un reddito di oltre 2 miliardi di dollari e al primo posto tra i Paesi importatori c’è l’Italia, in cui arrivano circa 84.000 tonnellate di nocciole turche per un valore di 548 milioni di dollari.
Proprio in Turchia, per documentare cosa si nasconde dietro la produzione delle nocciole, si è recato il giornalista Stefano Rogliatti, già autore del documentario “Rice to Love” che denunciava la verità della produzione di riso in Birmania fra soprusi e violenze generate da interessi politici ed economici.
«Dare voce a chi voce non ha mi fa credere nella mia professione, necessaria e utile sempre», afferma Stefano Rogliatti. «Questa volta il viaggio mi ha portato in Turchia sulle coste del Mar Nero, nella capitale della produzione di nocciole. Qui nel mese di agosto arrivano più di 350.000 lavoratori stagionali. A vederli da lontano sembrano persone serene, individui intenti a lavorare come tutti. Ma avvicinandomi inizio a scorgere che oltre agli uomini ci sono anche donne e minori tra gli alberi di nocciole, mani e ginocchia a terra 10 ore al giorno».
I lavoratori delle nocciole in Turchia, minori compresi, sono pagati con meno di 10 euro al giorno, per giornate lunghe fino a 10 ore, e senza avere garantite le minime necessità della vita quotidiana, per non parlare di tutele sanitaria o previdenziale.
È il quadro di sfruttamento e precarietà che emerge forte e chiaro dal documentario “Né Tonda né Gentile”, che ricorda come il 95% delle nocciole sia destinato all’industria dolciaria. Ciò significa che dietro ai dolci che mangiamo c’è un lavoro molto rischioso, senza tutele, senza contratto e svolto in condizioni di sostanziale schiavitù.
Altre immagini del documentario fanno riflettere: la nocciola turca viene prodotta con metodi rischiosi per la salubrità del prodotto. Ne sono un esempio le modalità di raccolta in climi particolarmente umidi e, ancora di più, i sistemi di essiccazione molto rudimentali praticati addirittura lungo le principali vie di comunicazione. In queste condizioni, rimarca Coldiretti, è inevitabile la maggior possibilità di contaminazioni del prodotto finale.
«Attraverso questo documentario abbiamo voluto portare alla luce quello che spesso per comodo, solo di certe industrie, non si vuole far emergere, ma riteniamo sia una denuncia doverosa e importante per far comprendere ai principali acquirenti l’importanza di sostenere la nostra produzione attraverso un’equa remunerazione dei corilicoltori locali, del loro lavoro e dei valori racchiusi nel prodotto stesso», dichiara Roberto Moncalvo, Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo.
A breve Coldiretti e Rogliatti renderanno il documentario visibile sui canali social: un’operazione di trasparenza finalizzata a smuovere le coscienze intorno al tema di un’agricoltura equa, sostenibile e giusta. Seguite le pagine social di Coldiretti Cuneo per tutti gli aggiornamenti.
Le nocciole turche fanno concorrenza sleale a quelle Made in Cuneo, prodotto simbolo delle nostre terre ed eccellenza del patrimonio gastronomico locale, come testimonia la denominazione IGP per la pregiata Nocciola Piemonte. A farne le spese sono i corilicoltori cuneesi, 1.300 aziende che coltivano 13.000 ettari a noccioleto (di cui 11.000 in piena produzione) per un quantitativo totale medio di 140.000 quintali di nocciole.