«Vivo a Bra dal 1982, è decisamente la mia seconda casa; la mia vita ormai è qui».
Lui è Leonardo Bruno, per tutti “Leo”, originario di Carvico (Bergamo), ma braidese d’adozione, innamorato del calcio e (soprattutto) del footgolf, speciale versione del golf il cui scopo è mandare in buca un pallone da calcio, colpendolo (ovviamente) con i piedi.
Esiste anche una lega nazionale di questa disciplina, la Lnf, fondata nel settembre 2016 dalle associazioni di footgolf, riconosciute dal Coni, di Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia e Veneto. Tali realtà, da ormai alcuni anni, organizzano con successo eventi dedicati a questo sport su tutto il territorio nazionale.
L’idea di portare il footgolf nel nostro Paese, invece, istituendo la prima associazione nazionale, è scaturita dal contatto tra il suo presidente e fondatore, Leonardo Decaria, e Javier de Ancizar, Maurits van Tubergen Lotgering e Gabor Gelencser, rispettivamente presidenti della Aafg (Argentina), Footgolf Holland (Olanda) e Magyar Footgolf (Ungheria) nel 2012. L’Associazione italiana footgolf (Aifg), quindi, fin dalla sua nascita, è in stretto contatto con gli altri sodalizi di settore internazionali e, in occasione della 1a Footgolf World Cup, tenutasi a Budapest nel 2012, ha contribuito alla fondazione della federazione internazionale di footgolf, la Fifg.
Leonardo Bruno, come nasce la sua passione per il gioco del footgolf?
«Dal passaparola, nel 2013, anno in cui, di fatto, si è iniziato a praticare questa disciplina anche in Italia. Mi presentai a un torneo europeo in programma a Carmagnola, senza sapere le regole e senza averci mai giocato. Arrivai 29o su 154 partecipanti: questa fu la scintilla! Ero tra i pionieri, adesso il footgolf sta crescendo in maniera decisamente importante».
Ama anche il calcio, vero?
«Per me è una scuola di vita. Ho iniziato a giocare all’età di 6 anni e il “pallone” ha sempre giocato un ruolo importante nella mia vita. Questo anche se il calcio attuale non mi somiglia, non mi appartiene. Resto un appassionato, ma al momento lo seguo poco. C’è tanto business e poca “appartenenza”. Ho anche giocato per tre anni nelle giovanili dell’Inter e disputato 11 amichevoli con la prima squadra nerazzurra, dal ‘77 al ‘79, poi sono passato alla Primavera del Varese. Svolsi il servizio militare sotto la Zizzola: è per questo che ho vestito anche la maglia del Bra; in seguito ho militato in Serie C con l’Omegna e, infine, ho difeso i colori del Dogliani per otto anni. Poi ho allenato nelle giovanili del Bra per cinque anni, affiancando Alvise Zago».
Come si spiega la crescita esponenziale del footgolf?
«Questa disciplina è nata in Argentina, per poi essere importata in Europa dagli olandesi. L’Italia è la nazione con più iscritti a livello europeo. Sta prendendo piede perché non ha niente a che fare con il calcio, conta molto l’aspetto mentale come nel golf. Me ne sono reso conto sulla mia pelle: devi avere la “testa” per giocare. La prestazione dei singoli è fondamentale in quanto determina il risultato della squadra».
Le prospettive?
«Il nostro sport è riconosciuto dalla Federazione italiana golf; per questo le gare si svolgono nei golf club, pur prevedendo un percorso di gioco leggermente diverso. I tornei e i campionati sono organizzati dall’Associazione italiana footgolf e dalla Lega nazionale footgolf. Il passaggio successivo è il riconoscimento da parte del Coni».
Lei è uno dei pilastri di Bluemoon Milano. Com’è nata questa esperienza?
«Ne faccio parte da quasi cinque anni e da tre sono il capitano. Ci siamo già laureati campioni d’Italia a squadre: un’emozione immensa. Conosco la squadra lombarda fin dall’arrivo di questo sport nella nostra nazione».
Gli effetti del Covid-19?
«Il nostro non è uno sport di contatto, ma abbiamo comunque dovuto attendere la riapertura dei golf club dopo il “lockdown”. Rispettiamo precise linee guida e, durante le partite, ci muoviamo su percorsi dedicati. Ci stiamo adoperando tutti per prevenire il contagio e di questo sono molto soddisfatto».