Una premessa, con tratti molto personali, ma utile per offrire una misura al tutto: parlare e scrivere di lui, oggi, è una soddisfazione mista a un tocco di “prima o poi, doveva succedere”, profetico, meritato. E, ora, pure coronato in pieno: perché, quando lo conobbi una quasi-trentina di anni fa sui banchi liceali, già si comprendeva quella sua vocazione all’impegno, al continuo rimboccarsi le maniche, e soprattutto alla musica in un modo che andava oltre all’entusiasmo giovanile.
Tanti, tantissimi, i passi compiuti, a conferma di quella visione di metà Anni ’90: con frutti ora da cogliere, pardon, da ascoltare. Di chi stiamo parlando? Del progetto Lee Fry Music, etichetta e casa di produzione che pone al centro di tutto Roberto “Orde” Casetta: un tipo tosto, con un piede ben piantato nella sua Montà e un altro in continuo movimento per il mondo. Radici roerine e cuore cosmopolita: il tutto, ben rappresentato da “Kalipé”, il suo primo disco nato durante il primo lockdown: un progetto senza confini, in cui il reggae è il punto di partenza di un viaggio che passa anche per la musica elettronica, il dub, sfiora il rap e si lascia trasportare da influenze mediorientali e balcaniche e richiami di afrobeat e black music.
Una sorta di manifesto multiculturale, “sentito” intimamente, risultato di un percorso umano e artistico che ha lasciato tracce e semi pronti a germogliare e a fiorire: un cammino in cui compaiono le esperienze vissute dal produttore nelle vesti di musicista tout court (tra le sue decine di collaborazioni e militanze musicali, impossibile non citare la tuttora corrente esperienza nella band dei Los Refusé e -“chicca” d’antan- nel collettivo Matawilda Combo Tribe) ma anche come padre spirituale e organizzativo di eventi come “Etnicamente”, un vero e proprio festival di culture.
Il mondo intero in piazza a Montà, grazie a lui e a chi ha saputo cogliere la sua proposta, con tre edizioni all’attivo: e l’auspicio che, una volta terminata l’emergenza sanitaria, tutto possa tornare di nuovo in auge affinché la parola “contaminazione” possa di nuovo avere una connotazione positiva.
Già, l’emergenza e la serrata -vissuta, e in corso- in questo difficilissimo 2020: una criticità, ma anche un modo per riordinare le idee, pensare, e creare. Così è nato “Kalipé”: una sorta di showcase del produttore roerino, che ha voluto creare un lavoro musicalmente vario che potesse superare frontiere ed etichette per arrivare il più lontano possibile in un momento storico che ci vede isolati fisicamente. Il nome? «Ho scelto di intitolare questo lavoro Kalipè, come l’augurio dato agli scalatori ai piedi delle vette himalayane, perché mi auguro di percorrere un passo alla volta questa montagna insormontabile che sembra essere diventato il farsi ascoltare». Attualissimo.
Alcuni dati tecnici, per un’opera disponibile in download su tutte le piattaforme digitali (un invito? Visitate la pagina Facebook Lee Fry Music, c’è parecchio da vedere e ascoltare) o su cd, contattando la “label” discografica all’indirizzo [email protected]: le tracce sono per la maggior parte strumentali, ma con l’utilizzo di campioni Lee Fry ha voluto dare dei messaggi per lui importanti che vengono riassunti dai singoli titoli, nella lingua che rispecchia l’influenza geografica presente nelle canzoni.
“Orde” ha suonato tutti gli strumenti, registrando e mixando l’opera presso The Cage Homely Studio, «ossia casa mia, come non poteva essere altrimenti durante il lockdown». Tre i contributi vocali: Flower Rising dalla Francia, El Losada dal Cile e Gala Zerua dalla Serbia, con la partecipazione in una traccia di Matteo “Natty” Cancedda e l’artwork griffato da Daniela Camacho. Ma anche “pennellate” incredibili: dai samples di Garifuna Collective e Katy Perry, e due tracce in cui compaiono le parole di “nomi” come Denzel Washington e J.Mario Bergoglio: insomma, in “Kalipé” c’è tutto. E ogni cosa è buona.
Paolo Destefanis