Spesso non si pensa a loro, ma gli animali selvatici rappresentano una grande risorsa per l’intero territorio nazionale. Prima di tutto perché garantiscono una riserva di biodiversità, poi perché ricoprono, seppure inconsapevolmente, un preciso ruolo: quello di “sentinelle ambientali” relativamente a molte patologie trasmissibili all’uomo e ad altre specie animali; inoltre, rappresentano una forte attrattiva turistica e, non ultimo, costituiscono una risorsa economica nell’ambito del prelievo venatorio.
Le carni di selvaggina, da sempre, fanno parte delle tradizioni alimentari delle popolazioni che abitano nelle aree dell’arco alpino; nel tempo, il loro consumo è talmente aumentato da rendere necessaria l’introduzione di alcune fondamentali regole volte a tutelare la salute dei consumatori. Queste regole riguardano, ad esempio, la sicurezza all’interno degli allevamenti di determinate specie di animali selvatici e anche le modalità di importazione di carni da Paesi esteri. Risulta interessante rilevare come, dal punto di vista nutrizionale, la carne di selvaggina abbia un minor contenuto lipidico rispetto a quella dei mammiferi e sia perlopiù caratterizzata da ottime qualità organolettiche.
Come si diceva, gli animali selvatici rivestono poi un ruolo chiave nel monitoraggio dello stato di salute dell’ambiente circostante, soprattutto in riferimento alla misurazione di specifici inquinanti presenti nell’atmosfera, come il piombo, i metalli pesanti e i radionucleotidi.
Discorso che necessiterebbe di un approfondimento a parte è quello che riguarda la caccia, pratica molto spesso contestata e additata come negativa e che invece va valutata inserendola nel contesto normato dalla Comunità europea, che ha conferito ai cacciatori, previa la loro corretta formazione e sotto il controllo delle autorità sanitarie competenti, la funzione di veri e propri osservatori epidemiologici e il ruolo di responsabili della salubrità dell’animale cacciato. Tra le specie selvatiche più conosciute, specie nel territorio della provincia di Cuneo, non possiamo non citare i cinghiali, autentici “osservati speciali”: il loro monitoraggio prevede una sorveglianza attenta e analisi costanti e specifiche con l’obiettivo di evitare la diffusione di contagi negli allevamenti; contagi che, se non prevenuti, porterebbero a perdite gravissime nell’intero comparto suinicolo.
È bene sottolineare come siano in corso di approvazione linee guida specifiche in materia di igiene delle carni di selvaggina; una materia che coinvolge i servizi veterinari di sanità animale delle Asl che, attraverso i medici veterinari referenti, eseguono e inviano campioni ai laboratori specializzati, analizzano gli esiti e monitorano la diffusione delle malattie sul territorio, avendo cura di informare le autorità regionali competenti sullo stato sanitario e sulla situazione epidemiologica delle patologie inerenti la fauna selvatica. Appare chiaro come il lavoro dei medici veterinari sia fondamentale in un approccio “one health”, che evidenzia come la salute umana, quella animale e quella ambientale siano indissolubilmente legate e come la cattiva gestione e tutela di una di esse ricada inesorabilmente sulla salute e sul benessere delle altre parti coinvolte.
Articolo a cura di Emilio Bosio, presidente dell’Ordine dei medici veterinari della Granda