«Non essendo credente mi sono reso conto di quanta parte delle mie questioni esistenziali siano state occupate dal rapporto con le immagini, con l’arte e con il design», prosegue Riccardo Falcinelli. «Tutti abbiamo bisogno di uno spazio di preghiera o di contemplazione, soprattutto in tempi difficili come questo. Non a caso sono nate mille forme di alternative come yoga, meditazione, nuovi regimi alimentari, tutto per colmare questo vuoto. Essendo io una persona piena di dubbi, sono ateo ma non sono certo che sia così per forza. In fondo spero che la verità sia un’altra, soffro a non credere. Questi interrogativi diventano ancora più impellenti quando si ha, come me, un bambino piccolo: non è facile trovare le parole per parlare della morte, ad esempio. I bambini hanno bisogno di Gesù Bambino, di Babbo Natale e del Paradiso perché la loro mente deve funzionare nella sfera del magico. Da grandi poi si cercano le risposte e ognuno trova una strada. Ci sono i credenti e gli atei appagati. Poi c’è chi la strada non la trova, come me, e si arrovella. Quello che volevo trasmettere con questo saggio è che le immagini non sono qualcosa che si guarda al museo per dovere o per passare il tempo ma se ci si mette d’impegno e le si vive con passione posso rappresentare il tramite verso noi stessi o addirittura verso qualcosa di superiore».