L’estate 2020 si è conclusa con pochi guizzi esotici da poter condividere tramite cellulare sui vari social. Con un semplice “clic” ci siamo infatti ormai abituati a inviare in tempo reale ogni coordinata di brevi spostamenti o di mitiche imprese, archiviando l’antico e ormai poco pratico rito della cartolina. Ma se quest’anno le opportunità di viaggio sono state un po’ ridotte, perché non riscoprire il fascino di una corrispondenza turistica targata inizio ’900? Quando la posta efficientissima garantiva un solerte recapito plurigiornaliero e la cartolina, oltre che simpatica immagine di un luogo, rappresentava per immediatezza un valido antesignano dei moderni WhatsApp. Senza faccine, nessun “like” ma quanta inimitabile poesia! Prima ancora di diventare dovere morale verso chi restava a casa, vissuto poi spesso come una fastidiosa incombenza, l’invio della cartolina testimoniava un piacere reciproco e uno scambio affettuoso. Entrando in questo campo si potrebbe aprire un mondo dalle infinite sfaccettature, supportato da un collezionismo variegato e da interessantissime indagini sociologiche. Ma lasciamo da parte l’altisonante deltiologia, termine nato in Ohio ma coniato dal greco, proprio per indicare lo studio e la raccolta di queste piccole immagini: non ci addentreremo tra le militari, le umoristiche, le pubblicitarie o quelle d’artista, non parleremo di scambi e valutazioni per quanto siano oggetto di florido mercato. Non è questa la nostra intenzione, preferiamo piuttosto lasciarci prendere dalle emozioni scorrendo paesaggi familiari che hanno in qualche modo attraversato la storia. Sì, perché, se la fotografia dovesse essere, in gergo, “animata” da un passante o una vettura, magari a cavallo, sarà ancora più facile tornare indietro nel tempo. La veduta di Torre Bormida col carro sullo sfondo e gli abitanti in posa è un bellissimo esempio della vita di paese e dell’abbigliamento di inizio ’900. Così anche lo scorcio della piazza di Boves, che sappiamo datato 1933, o il monocromatico Palazzo Madama di Torino con i pochi passanti immersi nella neve o, ancora, corso Nizza di Cuneo, “affollato” di macchine e biciclette. Oltre alle foto del luogo, le trovate turistiche erano a volte davvero ingegnose. La prima pagina del Motterone, settimanale dell’alto Novarese, che nel settembre 1896 ricordava l’inaugurazione del tiro a segno di Omegna, servirà da sfondo per far fare capolino alla miniatura della cittadina lacustre. Napoli invece regalava, a fine ’800, l’immagine della sua veste elegante con le cartoline ricordo dei Grandi magazzini italiani fondati dai lungimiranti cugini Mele. Fantasia e passione alimentavano la creatività e dalla vecchie litografie si passò così a modelli più complessi, decorati, luccicanti, intarsiati. In un passato non troppo remoto, come quello dell’avvento della tv, è curiosa l’illustrazione con la didascalia che recitava “per televisione vedrete… Torino” e, “sollevando” lo schermo del televisore, faceva scendere una fisarmonica di una decina di mini cartoline per la gioia di bimbi estasiati. Poi arrivarono i souvenir “generici”, magari dell’intero Piemonte, con una ventina di vedute miniaturizzate delle nostre bellezze artistiche: anche a colori, ma certamente più impersonali. Niente a che vedere con quei panorami a 360 gradi formato da quattro cartoline, da ripiegare e spedire agli amici, ad esempio da Moncalvo Monferrato. Il problema delle dimensioni standard non impedirà infatti la circolazione di esemplari di forma varia e se recentemente andavano di moda cartoline sagomate di grandi dimensioni, a Cuneo nel 1903 circolavano sotto forma di stampe modelli di soli 12,5 per 4,5 centimetri. Un’altra caratteristica molto significativa è che fino al 1906 il retro della cartolina non veniva suddiviso e pertanto era interamente usato per indicare il nome e l’indirizzo del destinatario. Ecco dunque che il messaggio, anch’esso portatore dello spirito e del linguaggio di un tempo, veniva tracciato con calligrafia finissima a margine delle vedute per arrivare a volte anche a invadere, quasi come un ricamo, l’intero campo della cartolina. Questi saluti rappresentano il valore aggiunto delle “viaggiate”, che si affianca al francobollo e al timbro, due elementi importanti per aiutarci a collocarle nel tempo. La stessa scritta “cartolina postale”, se cancellata, dava diritto a un’affrancatura meno costosa, ma limitava in questo caso le parole dei convenevoli. Nato nel 1865, il cartoncino preaffrancato da poter spedire senza busta con tariffa ridotta, in seguito evolutosi in cartolina illustrata, con francobollo da acquistare separatamente, ne ha fatta di strada! Felice intuizione commerciale venuta dall’estero, ben presto ha conquistato il mercato italiano, trainato anche da motivazioni di attualità a volte pure infelici, come gli eventi bellici.
Nel 1899 era già un fenomeno talmente di moda che Venezia ospitò l’Esposizione internazionale di cartoline postali illustrate. E così via via con le loro ambientazioni, le cartoline diventano preziose testimoni di fogge, abitudini, modi di relazionarsi che oggi faranno anche sorridere ma non perderanno mai il loro fascino “d’antan”.
E allora, per quest’anno, tutti in soffitta alla ricerca del panorama perduto in qualche baule dimenticato!
Articolo a cura di Ada Corneri