Sussidiarietà fiscale per le Fondazioni»

Il presidente Francesco Profumo sottolinea l’utilità di tale strumento per il bene comune

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“Welfare”? Arte e cultura? Svi­luppo locale? No, purtroppo. Il primo settore di intervento delle Fondazioni di origine bancaria è, anche in questo caso, il fisco italiano. All’erario statale esse versano infatti una cifra che, per rimanere alla sola annualità del 2019, è ammontata a oltre mezzo mi­liar­do, per la precisione a 510 milioni di euro. Al “welfare”, inteso come sostegno alle politiche sociali, sanitarie ed educative dei territori di rispettiva competenza, sono andati 335 milioni, altri 240 alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale.
Numeri che sono stati resi noti da Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo e dell’Associazione tra le Casse di risparmio e le Fon­da­zioni, in occasione della Gior­nata mondiale del risparmio celebrata a conclusione di un intenso mese dedicato in parallelo all’educazione finanziaria.
Il presidente Profumo ha invocato il rispetto e la piena applicazione, da parte del Governo, del principio di sussidiarietà. Perché «le risorse che le Fon­dazioni versano al Fisco sono risorse sottratte alle loro erogazioni: alle organizzazioni di vo­lontariato, alle cooperative sociali, alle associazioni culturali, ai giovani ricercatori, a tutti quei soggetti che contribuiscono a fare dell’Italia un Paese più inclusivo e vivibile per tutti». Perciò «per progettare il futuro, si può fare ricorso a una ricetta antica, che si chiama sussidiarietà e con la quale lo Stato riconosce il concorso di soggetti privati nella cura del bene comune».
E ciò per una ragione molto semplice: «Ridurre la tassazione alle Fondazioni, non vuol dire sottrarre risorse alla collettività, bensì aumentare il loro potenziale per il bene di tutti». Il professor Pro­fumo ha ricordato alcuni dati di fatto: «Con le proprie erogazioni, le Fondazioni triplicano gli effetti benefici delle risorse e­ro­gate nei territori beneficiari. Ciò grazie alla prossimità delle stesse, alla loro efficienza, efficacia e tempestività di intervento». Va­­le a dire, i cardini e gli elementi costitutivi della politica sussidiaria.
Il Presidente Acri si è quindi appellato al Ministero dell’e­co­nomia e delle finanze, con il quale è in atto un protocollo di intesa fin dal 2015, che consente già fin da ora di attuare in piena trasparenza la “sussidiarietà fiscale” e ha ringraziato il Ministro Ro­berto Gualtieri, il viceministro Antonio Misiani e il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, per il clima di collaborazione «che ci auguriamo porterà frutto».
Concetti di riconosciuta importanza e di storica validità, che si trovano condensati nell’intervista con Francesco Profumo che il banchiere Beppe Ghisolfi, vice del Gruppo europeo delle Casse di risparmio, realizzò nel proprio “bestseller” di inizio anno totalmente incentrato sulle fondazioni ex bancarie: in tale conversazione, il Pre­si­dente di Acri, e successore in tale incarico di Giu­seppe Guz­zetti (da Ghisolfi definito “il padre delle Fonda­zioni bancarie”) ha evocato il caso virtuosamente esemplare del fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, che con oltre 600 mi­lioni di risorse erogate ha consentito di affrontare il disagio istruttivo di 480.000 ragazzi, in pratica oltre il 40 per cento dei minori che l’Istat definisce a rischio o in condizione di indigenza.
Un tema che torna attualissimo ora che le restrizioni anticovid del Governo impongono la didattica a distanza quando però intere aree geografiche del Paese, da nord a sud, non sono servite da strumenti tecnologici informatici né da segnale internet idoneo. Né sembra che lo Stato sia in grado di colmare il divario digitale nell’istruzione. Potrebbe partire anche da qui la sussidiarietà fiscale, lasciando alle Fondazioni le risorse per provvedere, dal momento che gli strumenti finanziari esistono già, sono stati collaudati con merito e le stesse sanno come gestirli, zona per zona, attraverso i loro programmi annuali di intervento.