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Trinità, lo sfogo di Antonio Zucco: “Da una settimana aspetto l’esito del tampone e non so quando me lo diranno”

Lavoratore nel privato, non può permettersi di stare a casa per tanto tempo

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Antonio Zucco cittadino trinitese lamenta il ritardo dell’esito del primo tampone effettuato ormai una settimana fa, ed essendo un lavoratore privato, non può permettersi di stare in isolamento così a lungo. “Lamento queste assurde lungaggini, è una settimana che aspetto l’esito del tampone” – esordisce così il Signor Zucco – “In Germania dopo 30 minuti si ha già l’esito del tampone. La mia è solo una provocazione costruttiva nel dire che un pensionato si può permettere di aspettare un po’ di più questo lungo iter burocratico dei tamponi, mentre chi, come me, che sono un lavoratore privato, non me lo posso permettere”.

Antonio Zucco lancia una proposta sui tamponi molecolari rapidi che in Italia non hanno ancora preso corpo: “Secondo me bisogna cercare un altro modo, una via più veloce, il cosiddetto piano B, per chi ha preso la malattia in una forma più leggera e per chi lavora nel privato, ovvero di investire su questi tamponi molecolari rapidi oppure sui test sierologici per velocizzare l’iter“.

“Ora continuo a fare quello che è indicato dal protocollo dell’ASL e poi, chissà quando, farò il secondo tampone; ritengo che non sia assolutamente giusto che dopo una settimana non sono ancora a conoscenza se sono positivo o meno”. “Non voglio dare la colpa a nessuno e non voglio dividere le categorie” – aggiunge il Signor Zucco – “Non si può essere trattati allo stesso modo, bisogna distinguere chi ha un forma lieve o meno della malattia e in base al mestiere; adesso starò in casa fino quando passeranno i famosi 21 giorni come è previsto, ma anche qui potrei uscire solo su certificazione dell’ASL, cosa che il medico di famiglia non può fare, visto che dopo essere stati segnalati come positivi il medico non ha più competenze in merito. Facendo in questo modo, c’è il rischio che le persone persuadano a non fidarsi delle vie formali di legge e di protocolli delle istituzioni, perché si ha la paura di perdere tanto tempo e quindi può andare incidere sull’economia di un’azienda privata come nel mio caso. Ho la possibilità di lavorare da remoto, ma da remoto si rende solo il 15%/20% di quello che faccio in un contesto lavorativo normale”, conclude Antonio Zucco.