Rispetto alla possibile non-apertura delle stazioni sciistiche, il Presidente dell’ATL del Cuneese Mauro Bernardi esprime il proprio pensiero: “L’ipotesi di uno stop degli impianti di risalita deve essere riconsiderata: si tratterebbe di un danno enorme per tutto il Cuneese, con migliaia di posti di lavoro messi a rischio e un’economia già sofferente (specialmente nelle valli alluvionate) che rischierebbe il collasso. Credo che, con le giuste precauzioni, si possa usufruire della montagna”.
Da qui, la necessità di fare una proposta concreta: “Mi unisco perciò a quanti richiedono in coro di rivedere questa decisione ripensando alla montagna come a un luogo sicuro dove sia consentito l’asporto negli esercizi di somministrazione e la fruizione contingentata dei servizi, nel pieno rispetto delle regole e del distanziamento. La montagna offre molteplici proposte di fruizione, anche non legate agli impianti di risalita, ma è innegabile che il peso economico di questo settore è significativo per l’intero comparto turistico della provincia”.
Poi, un attacco: “Credo che questa sia la conferma di quanto “la lobby del mare” sia prevaricante rispetto alla montagna: quando si è trattato di aprire gli stabilimenti balneari la scorsa estate, ci sono stati ben pochi ripensamenti e dopo 10 primi giorni di restrizioni, si è passati a una quasi totale fruizione delle spiagge. Per sua natura, la montagna non crea assembramenti e, nel caso delle stazioni sciistiche in particolare, gli impiantisti stanno lavorando per il rispetto totale delle regole.
Ciò che stupisce è che non si sia data fiducia ai professionisti del settore dando indicazioni per un contingentamento dei flussi, ma che il passo sia stato diretto verso la chiusura degli impianti. Sarebbero necessarie poche chiare regole e un controllo sul territorio: chi non le rispetta dovrà chiudere, ma chi mette al primo posto la sicurezza dei clienti deve poter lavorare. Dobbiamo essere tutti consci che al primo posto va messa la tutela della salute, ma non facciamo morire il turismo della montagna perché le nostre valli alpine devono poter continuare a vivere.”