Alice Berrino, braidese classe 1987, dal primo giugno è entrata a far parte della schiera dei medici di famiglia operativi all’ombra della Zizzola. Nel 2015 si è laureata in Medicina, cui sono seguite le sostituzioni e la guardia medica (dal 2017). A dicembre di quest’anno è previsto che termini il suo percorso di formazione specifica in Medicina generale con l’Asl Cn2. L’inizio della sua attività come medico di famiglia è avvenuto in un momento di emergenza sanitaria mondiale. Un avvio non di certo in discesa…
Dottoressa Berrino, ci può raccontare i suoi primi mesi di servizio?
«L’inizio è stato duro. Soprattutto perché ho dovuto conoscere e prendere confidenza con tutti i pazienti. Però l’estate è passata abbastanza tranquilla a livello ambulatoriale e burocratico. A partire da settembre, invece, tutto si è complicato. La curva dei contagi ha ripreso quota e il contraccolpo è stato forte. Anch’io, nel mio piccolo, me ne sono accorta. Adesso l’attività ambulatoriale si riduce al lavoro del Sisp (Servizi di igiene e sanità pubblica, ndr). Passiamo tanto tempo al computer, a fare segnalazioni, a isolare i contatti, a controllare i tamponi, senza turni e senza orari. Ovviamente, anche noi come ambulatorio abbiamo ristretto gli accessi, facciamo “triage” telefonico e consentiamo l’accesso a chi non ha febbre o sintomi. Sono mesi in cui non ci si può che sentire sempre sul chi va là e con un po’ di ansia addosso. Vorrei poter visitare e seguire da vicino i pazienti risultati positivi, ma in quei casi intervengono le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale). Il mio apporto consiste nel monitoraggio telefonico: si cerca di dare più supporto possibile e segnali di vicinanza. Si fa tutto al meglio e con la massima professionalità».
Cosa si aspetta dai prossimi mesi?
«Una volta superata l’emergenza sarà tutto in discesa. Ora dobbiamo tenere duro e rispettare le regole. Approcciarsi a un’emergenza non è una passeggiata. La burocrazia è aumentata, la parte clinica è cambiata. Di fatto è cambiato il modo di lavorare».
Come è il suo impiego da guardia medica?
«Rispetto a 3 anni fa, quando ho iniziato, è cambiato in toto. Gli accessi sono programmati, in base a un consulto telefonico. Facciamo tante segnalazioni e qualche domiciliare. La fatica è tanta perché dobbiamo coprire tanti turni».
Lei è un medico giovane, con ambizione e stimoli. L’emergenza Covid cosa le sta insegnando?
«Mi metto a disposizione dei pazienti, faccio sempre del mio meglio. Ho studiato per questo lavoro, però, questa è una situazione nuova per tutto il mondo. Mi piace quello che faccio, assolutamente sì. Non tornerei mai indietro. Però non nascondo che oggi è davvero difficoltoso. Questa pandemia mi sta insegnando che occorre il doppio dell’impegno. Ritengo fondamentale stare in una medicina di gruppo. Confrontarsi di fronte a casi complessi è molto importante. Lavorare in team fa la differenza».
Che idea si è fatta di questo virus?
«Non c’è un percorso terapeutico uguale per tutti. Questo nemico è subdolo, sempre in agguato. In certi casi non ti aspetteresti mai una positività, e invece il tampone certifica il contrario. E viceversa. Ha molte sfaccettature questo Coronavirus; è insidioso».
Dal suo punto di vista, Bra come sta affrontando l’emergenza?
«I contagi sono scesi negli ultimi giorni. Però la guardia non va abbassata. Io seguo 370 pazienti e in totale finora ho avuto una ventina di pazienti contagiati».
Cosa si sente di dire a chi prende alla leggera l’emergenza sanitaria?
«Il pericolo reale è quello di non ridurre i contagi e di non abbassare la curva. Sono un po’ scettica su eventuali riaperture natalizie. Potrebbe essere davvero rischioso. L’obbligo di mascherina all’aperto andava mantenuto anche quest’estate. Servono comportamenti responsabili e serve buon senso. Ma non può prescriverli un medico».
Il suo ricordo del dottor Musafiri (morto a causa del Covid e di cui ha preso il posto, ndr)?
«I pazienti ne hanno un ricordo bellissimo. Era un buon medico, umano, disponibile, sapeva ascoltare e mettere a proprio agio i pazienti. Io spero di dimostrare di essere alla sua altezza».